A Crauglio corsa contro il tempo per salvare l’affresco dell’Angelo

SAN VITO AL TORRE. Avrebbe dovuto essere venduto a un collezionista svizzero, ma una volta tirato giù dal soffitto ci si accorse che era troppo grande per passare attraverso la porta. E così rimase per oltre un secolo appoggiato a una parete di quella stessa stanza. Quella che all’inizio del Novecento dev’essere sembrata una tragedia alla famiglia Steffaneo-Pinzani, sull’orlo della rovina e alla disperata ricerca di liquidità, oggi appare come un segno del destino. Senza quell’episodio accaduto tanto tempo fa, infatti, anche lo splendido affresco dell’Angelo di Francesco Chiarottini, allievo cividalese del Tiepolo - tra i pochi capolavori scampati alla furia dell’incendio divampato nei giorni scorsi a Villa Steffaneo Roncato a Crauglio - non ci sarebbe più. Si sarebbe disintegrato in mille pezzi, come il tetto della torretta che lo ospitava, lasciando scoperchiata la “stanza del Diavolo”. E invece l’Angelo è rimasto miracolosamente intatto.
Ma il pericolo è tutt’altro che scampato. La torretta rischia di crollare da un momento all’altro e il maltempo annunciato per venerdì, con la villa mezza scoperchiata, rischia di distruggere per sempre anche quel poco che non è andato distrutto. E così, il day after, a Crauglio, è stato tutto focalizzato su un’unica missione: salvare l’Angelo, il cui valore, come precisa Riccardo Tomadin, figlio di Rossana Roncato, una delle proprietarie della Villa, è «inestimabile».
«Abbiamo perso per sempre la “stanza dell’Uva”, quella “degli stucchi verdi” e gran parte della “stanza dell’alcova” e “degli stucchi rosa” - racconta con voce ancora incredula Tomadin -. Il rogo ha distrutto importanti dipinti del goriziano Pollencig e altri capolavori dello stesso Chiarottini. Ora è fondamentale riuscire a mettere in salvo almeno l’Angelo, ma anche dotare la villa di una copertura provvisoria prima che arrivi il maltempo».
La missione di salvataggio era stata programmata per il primo pomeriggio di oggi, martedì 18, ma in mattinata è arrivato lo stop della Soprintendenza: troppo pericolosa per i vigili del fuoco, che avrebbero dovuto calarsi dall'alto per agganciare l'affresco (un gesso di quasi 400 chili) imbragato a una gru. Il tutto sotto un tetto che potrebbe crollare da un momento all'altro. Prima di procedere con l'operazione, studiata sulla falsariga di quelle adottate a L'Aquila dopo il sisma, si è quindi deciso di rimuovere la porzione di teto pericolante. Oggi pomeriggio, quindi, è previsto un sopralluogo dei tecnici di un'impresa specializzata e solo dopo sarà possibile avere un quadro più preciso sui tempi e le modalità del salvataggio. Inutile sottolineare la delicatezza dell’operazione e il rischio di rovinare, nonostante le mille precauzioni, l’affresco di Chiarottini. Si tratta, però, dell’unica speranza per salvarlo prima che sia troppo tardi.
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