«A Trieste non congruo il 70% delle aziende»

Bronzi, presidente Confartigianato: «Ciò dimostra che le regole sono sbagliate»
 
TRIESTE
«Dall’assistenza contabile e dalle dichiarazioni dei redditi che facciamo per conto dei nostri associati, risulta che a Trieste il 70% delle aziende artigiane non sono congrue rispetto agli studi di settore. Mi sa, viste le proporzioni, che sono le regole e la legge a non essere congrue, e non gli artigiani». Fulvio Bronzi, presidente provinciale della Confartigianato, commenta la provocazione della Cgia di Mestre con altri dati provocatori. «Non è da oggi - aggiunge Bronzi, che è anche presidente della Fiera e che a fine anno lascerà la guida della Confartigianato triestina - che la nostra categoria denuncia che gli studi di settore, così concepiti, in assenza di un percorso condiviso con il governo, sono fuori dal mondo. Sono una misura inapplicabile. Anzi, una grande vergogna: dovremmo scendere in piazza tutti. L’attuale situazione, infatti, incattivisce le parti.


Pensiamo ad esempio alle contestazioni al ministro Bersani che si sono verificate l’altro giorno all’assemblea nazionale della Confartigianato». «L’analisi della Cgia mi lascia perplessa - rileva a sua volta Franca Fabian, presidente locale della Cna - ma ciò non toglie che gli studi di settore sono pesanti e punitivi per le piccole imprese. Rappresentano il tentativo di raschiare il fondo del barile, colpendo chi lavora e produce. Questa, d’altronde, è la conseguenza della visione di questo Governo, ostile alla piccola impresa che prima era il vanto e ora è la palla al piede del Paese. Le tasse dobbiamo pagarle tutti, ma non mi spiego il motivo per cui bisogna prendersela con artigiani, partite Iva e autonomi, dandoli peraltro in pasto all’opinione pubblica». «Dei calcoli sui metalmeccanici di Mestre non discuto perché preferirei conoscerli prima - chiude Edvino Ierian, presidente dell’Api, la neocostituita Associazione delle piccole e medie industrie di Trieste - mentre posso dire con cognizione di causa che per le nostre categorie, con i nuovi indici di congruità, abbiamo avuto sorprese abbastanza amare.


Dal momento che gli studi di settore non sono più concertati fra categorie e Ministero, ci siamo trovati di fronte regole diverse che hanno portato oltre la soglia, di diverse migliaia di euro, anche piccole categorie come ad esempio i panificatori. Il risultato è che emergono situazioni non realistiche, che non rappresentano affatto situazioni di evasione fiscale, e che invece sono figlie di meccanismi impropri, a cominciare da quello che innalza automaticamente l’ipotetico reddito di una piccola azienda in base al numero dei suoi dipendenti. I nuovi indici fanno semplicemente diventare incongruo anche chi congruo lo è perfettamente».

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