Approda nell’Isontino il “Patto della Farina”

CAPRIVA. Approda anche nell'Isontino il “Patto della farina”. Ovvero un modello innovativo e solidale di produrre (e acquistare) l'alimento più imprescindibile e quotidiano della nostra tavola: il pane. Il Patto per la farina, progetto già reale da anni in Toscana, Emilia Romagna e Veneto, in regione è partito nel 2015. Il suo obbiettivo è quello di “accorciare” la filiera produttiva, remunerando in modo equo chi coltiva (l'agricoltore) e di chi trasforma (mugnai e panificatori), ma rispettando al contempo anche le tasche dei consumatori e la loro salute. Promotori del “Patto” sono un panettiere di Capriva, Matteo Iordan, il mugnaio Enrico Tuzzi del Molino Trussio (località Ruttars, comune di Dolegna del Collio) e Morris Grinovero, agricoltore di Orsaria, assieme al Forum dei Beni comuni Fvg. Il loro patto prevede la coltivazione di varietà antiche di frumento, senza uso di sostanze chimiche, da macinare e panificare in regione. Insomma, un pane più sano e di qualità. I produttori aderenti si impegnano a utilizzare tecniche naturali (agricoltura biologica, stoccaggio differenziato delle farine del patto, tecniche di panificazione), a garantire la trasparenza completa, nella produzione e trasformazione della farina, sia riguardo gli aspetti tecnici e di tracciabilità che quelli economici relativi a costi e guadagni, a sostenere la costruzione condivisa e trasparente del prezzo.
Le linee guida del “Patto della farina” prevedono che il grano sia venduto al mulino a un prezzo max di 50 €/qle; che le farine siano vendute dal mulino ai partecipanti al patto al prezzo di 1,30 €/kg in confezioni da 1 o più kg, al panificatore in sacchi da 10 e più kg al prezzo di 1,20 €/kg; che i negozianti aderenti al patto potranno rivendere le farine con un rincaro massimo del 30%; il pane infine verrà venduto dal panificatore al consumatore al prezzo massimo di 3,5 €/kg. «Secondo gli studi di autorevoli accademici – spiegano i promotori del progetto - i grani antichi evidenziano maggiore digeribilità, superiore apporto nutrizionale, e minore rischio di intolleranze». Inoltre il pane da filiera apporterebbe benefici alle cellule cardiache e svolgerebbe una fondamentale funzione antiossidante (e quindi antitumorale). «La minaccia alla salute derivante da un approccio puramente monetario e quantitativo alla coltivazione dei cereali è evidente» spiegano ancora Iordan, Tuzzi e Grinovero. La farina coltivata dal Patto è più cara di quella industriale; un chilo di farina Tipo 2 (semintegrale) costa 1,30 euro. «Non un prezzo esagerato, considerato che è farina biologica, e che i centesimi pagati in più rimangono sul nostro territorio».
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