Arrestato il “palo” della rapina all’Unipol

L’avevano tenuto d’occhio fin dall’ultima settimana dell’agosto scorso, dopo averlo individuato come uno dei due possibili protagonisti del furto di un furgone, usato poi per tentare un colpo notturno in una stazione di servizio nei paraggi di Opicina. Un colpo finito maldestramente a vuoto, col furgone rimasto incastrato contro una colonnina di carburante. Finché, a distanza di qualche tempo, un’intercettazione telefonica era stata rivelatrice di un altro reato a carico di Mauro Loy, ventottenne triestino già noto alle forze dell’ordine per questioni di droga. Loy è ora ai domiciliari nella sua casa di San Giovanni su ordine del giudice per le indagini preliminari Guido Patriarchi, che ha accolto l’istanza del pm Cristina Bacer, titolare del fascicolo d’indagine condotta sul campo dai poliziotti della Squadra mobile che fanno capo al dirigente Marco Calì, poiché è considerato complice della rapina da decine di migliaia di euro alla filiale Unipol di piazza Oberdan del 31 agosto, con una pistola probabilmente giocattolo, attribuita a Diego Presbiteri De Lassis. Era il tossicodipendente di 43 anni che due settimane più tardi sarebbe stato trovato senza vita in un canale di scolo di Campalto, alla periferia di Mestre, rimasto vittima come era stato riferito successivamente dagli inquirenti di una caduta in seguito a un malore dovuto all’assunzione di stupefacenti.
“Sono stato pagato per fare il palo fuori dalla banca”, aveva raccontato Loy al suo interlocutore durante una conversazione telefonica arrivata come detto qualche tempo dopo agli investigatori della Questura. Da lì l’inchiesta si era infittita, sfociando infine nella misura cautelare degli arresti domiciliari che l’altro giorno è stata convalidata dopo l’interrogatorio di garanzia, dove Loy si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti allo stesso giudice Patriarchi e alla presenza del pm Bacer e del suo difensore, l’avvocato Alberto Coslovich. Deve rispondere di tre ipotesi di reato: il furto del furgone, il tentato furto al distributore e, infine, proprio il concorso nella rapina all’Unipol. Nel corso della perquisizione a casa sua gli investigatori hanno trovato e sequestrato tra l’altro anche un walkie-talkie che viene ritenuto uno degli strumenti utilizzati per quella rapina, dato che le telecamere della banca ne avevano mostrato uno apparentemente compatibile che spuntava sotto la sciarpa del rapinatore. Il segno che l’uomo dentro aveva un “appoggio” da uno fuori. L’incrocio delle indagini ha rivelato pure un ulteriore particolare: il “partner” di Loy nel furto del furgone e nel successivo assalto alla stazione di servizio, datato qualche giorno prima della rapina, era stato identificato proprio in Presbiteri De Lassis, al quale poi la sera del colpo in banca lo stesso Loy, secondo le indagini, sarebbe andato a comprare dei vestiti nuovi affinché si potesse disfare di quelli vecchi usati al momento dell’irruzione nella filiale di piazza Oberdan. Era stato il prologo della partenza di De Lassis da Trieste per cambiare aria. La Mobile infatti era risalita alla sua identità in sole 24 ore e ne aveva ripreso le tracce, prima di riperderle in attesa che si perfezionassero le pratiche per la cattura, nella zona di Mestre, dove il triestino in fuga aveva cambiato a un “cambia valute” circa 1.500 euro in moneta straniera rubata il 31 agosto all’Unipol.
«Purtroppo - la disperazione della madre di Presbiteri De Lassis, che ieri ha contattato il Piccolo - il 28 agosto avevo parlato a lungo con i carabinieri, chiedendo loro di occuparsi di mio figlio, il quale peraltro era reduce da un’infezione stomatologica in seguito a un’intossicazione da stupefacenti. Un ragazzo che fa uso di eroina non capisce più niente. Proprio il 31 agosto presi un taxi e andai a recuperarlo a casa di Loy, un altro disgraziato vittima della droga. Rimasi con lui fino alle 13.45, era in astinenza, poi con mia figlia andammo al Sert chiedendo di prenderlo in carico. Ci dissero di tornare all’indomani».
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