«Arvedi e Regione battano un colpo Si gioca il futuro dell’industria»

«Volete un ecomostro a Servola, molto peggiore di quello che da decenni si vede all’ex Aquila? Volete gettare alle ortiche 170 milioni di investimenti, tre quarti dei quali privati, che attiveranno in Ferriera altre 300 buste-paga nel giro di pochi anni? Volete continuare ad avere 7 mila disoccupati? Non vi interessa che Trieste abbia perso in 7 anni 5 mila posti di lavoro e che il piano Arvedi sia uno dei più ambiziosi progetti industriali a livello nazionale? Vi accontentate di una struttura sociale nella quale il 45% dei percipienti reddito sono pensionati e la metà degli occupati operano nella pubblica amministrazione? Vi basta che il Pil manifatturiero triestino arranchi attorno al 10% del totale?».
Con questa falange di contro-argomenti Cgil-Cisl-Uil si stringono a coorte, tengono il punto sul piano Arvedi e rilanciano: ambiente, salute, lavoro non sono termini alternativi e debbono convivere, a principiare proprio dalle condizioni di lavoro di chi sulla Ferriera ci campa. Ma non ci stanno a combattere nella trincea della solitudine e rivolgono esplicitamente alla Siderurgica Triestina l’evocatorio «cavalier Arvedi, se ci sei batti un colpo». L’azienda tace ancora ma fa sapere che sta preparando le cifre della riscossa.
I sindacati non si limitano a sollecitare la discesa in campo del gruppo cremonese: perchè si sono ricordati che il “commissario straordinario per l'attuazione degli interventi della crisi industriale complessa di Trieste” è il presidente della Regione Debora Serracchiani.
E non ci tengono a passare per gli “avvocati di Arvedi” - tant’è che sull’integrativo il confronto è aspro - ma per i sostenitori di una politica industriale imperniata sul rilancio del manifatturiero: per cui lanciano l’avvertimento «a 700 posti non rinunciamo».
Nella sede Uil - sindacato più rappresentativo in Ferriera - si sono così dati convegno ieri mattina i tre confederali Adriano Sincovich (Cgil), Umberto Brusciano (Cisl), Claudio Cinti (Uil). Con loro i responsabili dei metalmeccanici Fim, Umberto Salvaneschi, e Uilm, Antonio Rodà. Forfait della Fiom, dolorante per disturbi interni.
La linea impostata - e già anticipata - è semplice: si può fare acciaio senza far del male. Bisogna pazientare affinchè l’insieme degli interventi impiantistici, voluti da Arvedi, vadano a regime, perchè il piano dell’imprenditore cremonese mette la salvaguardia ambientale ai primi posti nella gerarchia delle priorità. La situazione ambientale - dicono i sindacalisti - è migliorata rispetto al passato ma soprattutto è destinata a migliorare ancora. Salvaneschi, che lavora da 34 anni nello stabilimento servolano, è convinto di «non aver mai visto tanta attenzione alle problematiche ecologiche».
I tre sindacati sono consapevoli che la strada imboccata abbia la corsia di sola andata: se produzione e ambiente non dialogheranno, Arvedi chiuderà l’area “a caldo”, resteranno laminatoio e logistica (alias banchina rinfusiera) che non saranno però in grado di assorbire i 250 posti che la stessa area “a caldo” oggi garantisce. E allora? E allora - risponde Sincovich - «avremo l’ennesima crisi industriale».
Crisi che nel caso della Ferriera è purtroppo la regola: in poco meno di trent’anni Finsider vendette, Pittini ci rimise qualche penna, Lucchini finì male, il russo Mordashov tolse le tende. Tra un capitolo e l’altro di questo dramma, sempre denaro pubblico per lenire immancabili ferite.
Infine i tre leader sindacali triestini non si sottraggono al confronto con i comitati che hanno dato vita al corteo domenicale: «Abbiamo sempre discusso e se ci invitano lo rifaremo. Ma perchè vi sia vera discussione, occorrono reciproche disponibilità all’ascolto».
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