Banda smantellata, finisce ai domiciliari

La banda dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti è stata smantellata. E la misura cautelare in carcere si è trasformata nella detenzione domiciliare. Lo ha stabilito il giudice del Tribunale di Gorizia, Andrea Comez, nei confronti di Christian Cargnelutti, 45 anni, di Staranzano, facente parte di quel «gruppo operativo criminale» per il quale erano state arrestate nove persone. L’indagine, nell’ambito dell’operazione denominata “Mc Drugs”, condotta dalla sezione antidroga della Squadra mobile di Gorizia e del Commissariato di Polizia di Monfalcone, aveva fatto emergere l’esistenza di un’organizzazione dedita allo spaccio di eroina. Un’attività ritenuta dagli inquirenti molto fruttuosa, a fronte di un giro di affari che era stato all’epoca quantificato in un chilo di eroina al mese, per un valore di mercato di 70mila euro. Droga, dunque, piazzata a Monfalcone, venduta a decine di consumatori. La vicenda era culminata nel patteggiamento di tre imputati, Fabio Frola, ritenuto il «regista» dell’attività illecita, Carmelo Rosselli, ed Eleonora Praloran. Altri tre imputati, invece, tra cui Cargnelutti, assieme anche a Salvatore Demma e Denis Russi, avevano deciso di affrontare il processo. Procedimento conclusosi con le condanne: pena di 6 anni e 8 mesi a carico di Demma, di 5 anni nei confronti di Russi e di 4 anni e 8 mesi per Cargnelutti. La sentenza di primo grado, pronunciata sempre dal giudice Andrea Comez, risale al novembre dello scorso anno.
Per il 45enne staranzanese si sono aperte le porte del carcere, con la misura dei domiciliari. Il tutto a fronte della richiesta del legale difensore dell’uomo, avvocato Paolo Coppo, presentata nel gennaio scorso. Richiesta accolta dal giudice che, il 9 febbraio scorso, ha così disposto la misura alternativa al carcere. Il «gruppo operativo criminale è stato smantellato», ha sostenuto il giudice, venendo meno pertanto le condizioni di reiterazione del reato. Il giudice ha però tenuto conto di altri aspetti. Ha infatti considerato l’esperienza carceraria maturata da Cargnelutti, nonchè la terapia al quale il 45enne è stato sottoposto in ordine al suo stato di tossicodipendenza. C’è anche, non meno ritenuto importante dal giudice, la disponibilità di un nucleo familiare disposto ad assistere lo staranzanese. Tutte condizioni, dunque, come ha argomentato il giudice Comez, per le quali si possono ritenere affievolite le esigenze cautelari e sostituire la misura del carcere con gli arresti domiciliari.
L’uomo è “affidato” al nucleo familiare, con i necessari controlli disposti dal giudice da parte della polizia. È evidente che il «riprodursi di attività illecite o il venir meno del domicilio familiare, comporterebbe il ritorno in carcere in condizioni aggravate, applicando anche le nuove misure di custodia cautelare». Christian Cargnelutti è rimasto in carcere per poco più di due mesi, da metà novembre 2016 fino al 9 febbraio scorso. Già nell’ambito del procedimento di primo grado era stata richiesta la scarcerazione da parte della difesa, che non aveva trovato accoglimento.
L’avvocato Coppo, che è subentrato nella difesa di Cargnelutti, ha osservato: «La posizione del mio assistito è minore rispetto agli altri componenti del gruppo che faceva riferimento in particolare a Frola. Erano state presentate più istanze di scarcerazione nei confronti di Cargnelutti, e ora il Tribunale ha invece accolto la richiesta. Al di là degli aspetti in ordine alle condizioni di salute del mio assistito - ha concluso il legale -, il giudice ha considerato l’azzeramento del consorzio criminale, venendo quindi meno i presupposti della reiterazione del reato». Il legale ha prennunciato ricorso in Appello. «Intendiamo far valere - ha concluso l’avvocato Coppo - la posizione più defilata e marginale di Cargnelutti rispetto ai vertici dell’organizzazione illecita». (la.bo.)
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