Benvenuto: gli studi di settore sono da rifare

«Gli indici sono sperimentali e ci sono troppi errori. Serviva un accordo con le categorie»
 
«Sono stati fatti degli errori sugli studi di settore, l’amministrazione non si è messa d’accordo con le categorie degli autonomi e l’Agenzia delle entrate ha applicato unilateralmente il nuovo parametro per le tasse. Certi indici sono calcolati a capocchia, non va bene, c’è un problema di civiltà e i ritardi dell’amministrazione non possono essere scaricati sui contribuenti. Abbiamo ottenuto che i nuovi indici siano considerati sperimentali, c’è un ordine del giorno presentato a tutta la maggioranza e abbiamo chiesto al Governo una soluzione». Il presidente della Commissione finanze del Senato, Giorgio Benvenuto, invitato ieri dalla Camera confederale del Lavoro Uil a Trieste alla presentazione del volume «Sessant’anni di sindacato democratico» getta acqua sul fuoco della protesta degli autonomi e professionisti contro l’amministrazione fiscale e i nuovi parametri degli studi di settore per il calcolo delle tasse.


Presidente cos’è accaduto veramente? Colpa dell’indice di normalità economica. Si chiama così il parametro sotto accusa. Sono stati fatti errori di metodo, bisogna correggerli. Il meccanismo su cui si basano gli studi di settore sono il rapporto di collaborazione tra amministrazione fiscale e ssociazioni di categoria. Non è facile calcolare quel tipo di entrate, si prende in considerazione i valori minimi. Il primo errore è stato quello di non fare l’accordo, c’era la data del 14 dicembre, bisognava aggiornare dati e parametri. Il 2006 economicamente è andato bene, doveva essere fatto un lavoro in accordo tra Stato e autonomi. Bisognava vedere i casi di marginalità, le eccezioni, e colpire gli anomali, gli evasori. C’è stata l’intesa dunque? No, questo lavoro non è stato fatto e a marzo l’Agenzia delle entrate ha stabilito unilateralmente di applicare gli studi introducendo il nuovo parametro, l’indice di normalità economica. Un errore. Il lavoro autonomo ha avuto un incremento di 15 miliardi con un imponibile di 2,7 miliardi. Cifre che sono state spalmate sulle categorie. E quel che è peggio è che la circolare con le indicazioni è uscita il 12 giugno. Per leggerla ci vuole una laurea.


C’era tempo sino al 15 giugno per la dichiarazione, per fortuna la data è stata posticipata al 4 luglio. Avrebbero dovuto farlo prima. C’è un problema di civiltà, i ritardi dell’amministrazione non possono essere scaricati sui contruibuenti. E poi certi indici sono stati calcolati a capocchia! Che conseguenze ci saranno ora? Il rischio è ora che l’errore su questi indici porti a grandi contenziosi, in molti non li accetteranno. Non conviene nè ai contribuentri e nemmeno allo Stato affrontare un milione di contenziosi, ci sarà la paralisi. È importante ora trovare una soluzione. Come presidente della Commissione finanze del senato ne ha trovata qualcuna? Sì, in Commissione finanze abbiamo ottenuto che gli indici siano considerati sperimentali. E che si deve al più presto ritrovare un terreno fertile per costruire un rapporto di collaborazione tra amministrazione fiscale e autonomi. Sette giorni fa abbiamo approvato un ordine del giorno, presentato da tutta la maggioranza, per cambiare le regole e ne abbiamo dibattuto in Senato.


Chiediamo al Governo una soluzione dfinitiva. Sono stati fatti altri errori? Sì, ed è forse il primo errore in realtà: quello di aver demonizzato la categoria degli autonomi in maniera generalizzata. Quando ero nel sindacato lo facevo anch’io, ma da quando sono alle Finanze (era segretario generale del ministero ndr) non più, non si può fare la lotta all’evasione fiscale facendo generalizzazioni. Pensa anche lei che si paghino troppe tasse in Italia? Sì, ne ho parlato anche con il presidente della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy. Bisogna tenere conto del tessuto industriale del Paese fatto da piccole e medie imprese e premiare chi fa ricerca e inniovazione tecnologica. E Illy ha ragione quando sostiene che gli studi di settore servono per far pagare il giusto e non senza distinzioni con la logica della decimazione. La tassazione non deve portare all’impoverimento.


Capisco i dissensi che ci sono. Come sarà dunque la prossima finanziarie quali le priorità del Documento di programmazione economico-finanziaria? Siamo alla vigilia di una finanziaria che non richiederà nuove tasse. I conti dello Stato sono in ordine. Ora lo sviluppo del Paese deve diventare strutturale e bisogna pensare ai conti delle famiglie, dei pensionati e delle imprese con sostegni intelligenti. Poi bisognerà investire sul sistema delle infrastrutture, i porti, la logistica e sulla scuola e l’Università. Il futuro dei nostri figli.

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