«Chiediamo ai vecchi monfalconesi maggiore apertura»

Il dialogo interreligioso con l'Islam non è più praticabile dopo l'attentato alle torri gemelle, ma quello della "vita" sì. Sempre che sia basato sulla capacità di ascolto, di dialogo, rispetto e...
Bonaventura Monfalcone-22.09.2013 Elezioni per il Bag-Via IX giugno-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-22.09.2013 Elezioni per il Bag-Via IX giugno-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Il dialogo interreligioso con l'Islam non è più praticabile dopo l'attentato alle torri gemelle, ma quello della "vita" sì. Sempre che sia basato sulla capacità di ascolto, di dialogo, rispetto e reciprocità. È quanto affermato da don Valentino Salvoldi, pubblicista, teologo e docente, chiamato dalla Caritas diocesana e Migrantes a un confronto sul tema del rapporto con i "nuovi monfalconesi" nella Biblioteca in un incontro organizzato in occasione della Festa dei Popoli. «La base del dialogo - ha sottolineato don Salvoldi - è in ogni caso vedere l'altro come opportunità di crescita e in un quadro di rispetto». Secondo don Salvoldi, però, «l'integrazione tra vecchio e nuovo non può che essere basata sulla chiarezza». Quella che «si arriva in una terra che ha già dei valori e che chiedere privilegi può creare tensioni». Don Salvoldi ha però insistito anche sulla reciprocità di trattamento nei singoli Paesi. «Ci dovremmo chiedere se conosciamo l'Islam - ha detto - e quale tipo di dialogo sia possibile». A proporre delle riflessioni scomode ci ha pensato poi il fratello, Giancarlo Salvoldi, docente universitario ed esperto nelle tematiche dell'integrazione: «Siamo di fronte a un fenomeno, quello dell'immigrazione straniera in Italia, innanzitutto sociale e abbiamo affidato solo alla politica il compito di risolvere i problemi dell'accoglienza. Se, però, la diagnosi è sbagliata, anche la terapia lo è». Come è avvenuto in Olanda, ma anche in Francia, Spagna, Gran Bretagna, secondo Giancarlo Salvoldi, che ha sottolineato la virata verso destra di gran parte dei Paesi europei. «Dovremmo chiederci perché questo sta accadendo - ha detto - e non pensare che tutti i cittadini di quelle città o Paesi sono impazziti. La verità è che nel nome del politicamente corretto si sono fatti degli errori negli ultimi venti anni». Partendo dal quadro democratico di cui l'Italia è dotata, ha suggerito Giancarlo Salvoldi si dovrebbe partire dalle persone e dalle associazioni, da una "purificazione della memoria" che non consiste nel non ricordare, ma nel perdonare. «Si tratta anche di chiarire quali diritti e quali doveri e per chi - ha concluso - in un ambito di libertà reciproca». L'incontro, moderato da don Walter Milocco, referente di Migrantes per l'arcidiocesi di Gorizia, è stato arricchito anche dalle voci di nuovi monfalconesi. Hossain Mubarak, presidente della Bangladesh associazione Gorizia, ha descritto un Bangladesh in cui le persone di diverse fedi convivono senza difficoltà. «Sono a Monfalcone da 14 anni, all'inizio ho incontrato è stata dura, non sapevo l'italiano - ha spiegato -, ma poi ho imparato tante cose. Chi abita qui vuole collaborare. Veniamo da un paese con un'altra cultura, ma cerchiamo di prendere le cose buone della vostra. Se la generazione dei miei genitori può aver incontrato più difficoltà, i ragazzi che sono nati qui e vanno a scuola avranno una mentalità ancora diversa e forse non ci saranno i problemi che ci sono ora». Mubarok ha aggiunto di «sentire cosa dice la gente sugli immigrati». «Io però sto lavorando perché ci sia più vicinanza», ha concluso, chiedendo uno sforzo di "apertura" da parte dei vecchi monfalconesi. Ha portato la sua esperienza anche Zeyna Sidibe, presidente dell'associazione delle donne del Senegal che abitano in provincia. «Siamo qui per il lavoro - ha ribadito -, e una vita migliore, ma anche dov'eravamo è bello. I dirigenti del nostro Paese avrebbero dovuto agire per tenere la gente lì».

Laura Blasich

Riproduzione riservata © Il Piccolo