Cinghiali, il rischio di una partenza ritardata della stagione venatoria

L’assessore Cernic: «È uno degli effetti del passaggio di competenze, dal primo giugno, dalla Provincia alla Regione»
Di Francesco Fain

ROMANS. «Sono sempre stata contraria alla chiusura delle Province. L’ho dichiarato in tempi non sospetti, motivando le ragioni del mio “no”. E oggi posso dire di essere sempre più convinta dell’inutilità di questa operazione. Dal primo giugno, infatti, l’ufficio faunistico e venatorio passerà sotto le competenze delle Regione e, con esso, anche la complicata partita della gestione della presenza dei cinghiali. I meccanismi si faranno più farraginosi».

La considerazione porta la firma di Mara Cernic, vicepresidente della Provincia e assessore all’Ambiente. Interviene all’indomani dello sfogo forte e chiaro degli agricoltori di Romans d’Isonzo, Villesse e Versa, le cui colture, soprattutto nella zona a ridosso dell’argine sinistro del torrente Torre, vengono sistematicamente devastate dalle sempre più numerose orde di cinghiali, che di notte razziano ogni cosa.

Poche contromisure

e scarse certezze

Che fare? Quali contromisure prendere? «Condivido la loro rabbia e comprendo la loro profonda amarezza. Purtroppo, quello che possono fare è chiedere un indennizzo alla Provincia. Per il resto, tutto sta per cambiare. Dal primo giugno le competenze passeranno alla Regione e quel che resta del nostro ente non avrà più rapporti con il mondo venatorio. Il rischio, poi, è che la stagione venatoria inizi più tardi, viste le problematiche legate al passaggio di competenze». Insomma, può diventare un salto nel... buio. «È indubbio che spostando le competenze di questo settore, il sistema diventerà più farraginoso e complicato. La Provincia, oggi, cerca di dare una pronta risposta agli agricoltori e ai cittadini sulla difficile questione dei conghiali. Non so se in futuro ci sarà la stessa reattività», argomenta Mara Cernic, la quale manifesta tutto il suo pessimismo.

L’ammontare

dei danni

«Siamo già fortemente penalizzati dal mercato e dalla concorrenza estera quando vendiamo il nostro prodotto: se poi ci mettiamo anche i cinghiali, viene voglia di abbandonare tutto, sapendo che una semina comporta una spesa di circa 1.300 euro, senza contare il lavoro e il deludente risultato finale, visto che con più semine il prodotto che ne esce diventa sempre di più di qualità», era stato uno dei passaggi dello sfogo degli agricoltori.

Oltre ad una stretta collaborazione con i cacciatori per una sempre più attenta gestione venatoria della specie cinghiale ed una promozione dei mezzi ecologici di contenimento del danno (37.823 euro investiti dalla Provincia) senza tener conto delle iniziative private, l’ente imntermedio ha messo in atto nel passato delle autorizzazioni di prelievo in deroga alla specie. «Tali provvedimenti negli anni precedenti hanno visto il coinvolgimento degli esperti formati e provenienti dal mondo venatorio, permettendo il prelievo di circa una cinquantina di capi/anno per risolvere come extrema ratio alcune problematiche legate a danni all’agricoltura ed a pubblica sicurezza», spiega la Provincia. Il quadro è completato dai danni alle coltivazioni che raggiungono i 122.666,44 euro. Il tutto nell’arco di 12 mesi. «I danni all’agricoltura denunciati e quantificati sono importanti, e nonostante le misure di prevenzione messe in opera grazie al contributo provinciale o in forma autonoma dalle imprese agricole, essi non sono facilmente azzerabili vista l’alta densità della specie sul territorio provinciale, ed in particolar modo nell’area Collio di cui la situazione è stata negli anni oggetto di un più attento monitoraggio», conclude l’assessore provinciale.

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