«Colpiamo chi fa il dopolavoro»

TRIESTE
Piccoli commercianti con il negozio di alimentari, la latteria, giornalai, tabaccai, ma anche artigiani edili, fotografi, parrucchieri, fabbri e falegnami con piccole aziende. A Trieste, stando ai calcoli della Confcommercio che tiene la contabilità di gran parte dei 2800 associati, almeno il 70% presenterà una dichiarazione «non congrua» rispetto ai nuovi parametri (gli indicatori di normalità economica) definiti dagli studi di settore. Cifre uguali per la Confartigianato: 70% non in regola su circa 2 mila associati e il panorama è grigio per la Cna dove non ci sono ancora stime precise ma si calcola che almeno il 50% delle aziende risulteranno «non congrue». Proprio ieri il presidente della Confcommercio di Trieste, Antonio Paoletti ha partecipato all’assemblea nazionale con il presidente Carlo Sangalli, ospite il ministro dell’Economia Pierluigi Bersani.


«Abbiamo iniziato anche a Trieste la raccolta delle firme per chiedere al ministro di cambiare i parametri degli studi di settore – spiega – siamo stufi di questo accanimento nei nostri confronti, come in altri settori anche da noi non sono tutti angioletti ma la gran parte versa le tasse, siamo stufi di pagare per quelli che evadono». I grandi evasori secondo Paoletti sono altrove e bisognerebbe colpire «chi fa il dopolavoro». Imbianchini, idraulici, piastrellisti e parchettisti che la mattina fanno un lavoro legale e il pomeriggio guadagnano in nero. «Per alcuni settori che sono già in crisi come i grafici, i tipografi, i fotografi e i tecnici informatici l’applicazione dei parametri degli studi di settore sarà la mazzata finale e chiuderanno – denuncia preoccupato il presidente della Confartigianato Fulvio Bronzi – senza contare la situazione di disagio psicologico nel sentirsi dare del ladro».


Mercoledì a Roma si è riunita la Commissione finanze della Camera sul problema degli studi di settore e sono state sentite tutte le associazioni di categoria di commercio e artigianato. Stefano Zuban, dirigente del settore edili a livello locale e nazionale e componente della presidenza locale Cna ha preso parte a una fase dei lavori. «Gli indici di normalità non presentano carattere di equità, selettività e trasparenza e con l’adozione è stato violato il protocollo firmato con le associazioni di categoria il 14 dicembre scorso – spiega – in commissione è stata chiesta la sospensione di questi parametri. Gli studi di settore sono utili ma solo quando c’è concertazione, con l’applicazione di questi indici si rischia di provocare l’effetto della minimum tax di alcuni anni fa. Il giorno dopo 56 mila imprese si sono cancellate dalla Camera di commercio e 300 mila lavoratori sono passati al sommerso».

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