Dai vigili armati ai profughi spazzini Liste divise su sicurezza e immigrati

Dicono che destra e sinistra siano etichette scollate dal tempo. Eppure ci sono certi argomenti per cui il tempo pare essersi fermato o, almeno, non essere riuscito a seccare la colla. Dopo Ferriera e cultura, setacciando i programmi degli 11 candidati sindaco alle voci immigrazione e sicurezza si può respirare una botta d’aria “vintage”, in mezzo alla quale la campagna elettorale torna a essere pure questione di... etichetta. Chi ad esempio la sinistra ce l’ha fin nel nome della lista - Iztok Furlanic di Sinistra unita e Marino Sossi di Sinistra per Trieste - si appella a «tolleranza» e «accoglienza». Lo stesso Roberto Cosolini tira dritto nel nome dell’«integrazione». Ma finisce qui. Gli altri, indipendenti compresi, pestano il freno. Ed evocano priorità ai triestini e una polizia locale più forte. A cominciare da Roberto Dipiazza, che promette più telecamere e più luci in periferia, vigili «parzialmente» armati e una corsia preferenziale per l’accesso ai servizi per chi sta qui da almeno dieci anni. Non passa lo straniero, insomma.
Non tutto però è solo bianco o nero. C’è pure una zona di grigio per due isolati candidati. Maurizio Fogar di No Ferriera sì Trieste non cita espressamente, nel programma, le voci di cui sopra, preferendo «lanciare il progetto del Rinascimento delle periferie deciso da chi vi abita» e denunciando il «degrado urbano e sociale» dei «quartieri abbandonati a se stessi». Paolo Menis dei 5 stelle di immigrazione e sicurezza parla eccome ma, in ossequio al dogma grillino che ripudia proprio le etichette, propone una ricetta in cui convivono un primo ingrediente che si ritrova, non molto diverso, nel programma di Cosolini - cioè l’impiego dei richiedenti asilo in lavori socialmente utili - e un secondo più ricorrente dall’altra parte della barricata, ovvero il potenziamento della polizia locale.
Menis, premettendo che «il Comune dovrà porre un limite massimo alle persone accoglibili», ritiene «necessario mettere in piedi un sistema che da un lato consenta» ai profughi «di impiegare utilmente il tempo che sono costretti ad attendere sul nostro territorio», in particolare in mansioni di «pulizia e manutenzione di spazi pubblici», «e dall’altro li faccia percepire alla popolazione locale anche come una potenziale risorsa». E, letteralmente, di «integrazione degli immigrati attraverso attività socialmente utili», fa riferimento nel suo programma Cosolini, per il quale, evidentemente, la «sicurezza» si può perseguire anche con la «coesione sociale». «Dopo aver dotato la Consulta degli immigrati di una sede e aver promosso iniziative di contrasto al razzismo», per il sindaco che vuole il mandato-bis bisogna «continuare a diffondere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, favorendo gli incontri tra le varie comunità presenti sul territorio» nonché «iniziative di sensibilizzazione, a cominciare dalle scuole, con particolare attenzione al linguaggio».
Un passo indietro, a Menis, là dove propone «di potenziare la figura del poliziotto locale di quartiere», è utile per evidenziarne pure il punto di contatto con i competitor che di sinistra non sono, anche se il candidato pentastelato non si nasconde sul fatto che «i dati forniti dall’Istat sui delitti commessi a Trieste non evidenziano una crescita della criminalità... tuttavia i cittadini percepiscono il problema della sicurezza come uno dei più urgenti». E qui arriviamo a Dipiazza, che spazia appunto dall’«istituzione del vigile di quartiere» al «parziale armamento della polizia locale», da «interventi per illuminare le zone a rischio» a un aumento di «telecamere in particolar modo nelle zone di periferia», fino alla promessa che «eserciteremo pressioni sulla Prefettura affinché i posti disponibili» per i richiedenti asilo «vengano drasticamente ridotti».
Un denominatore comune, udite udite, qui l’ex sindaco che punta al mandato-tris ce l’ha persino con Sossi, secondo cui, «per evitare che il sistema» dell’accoglienza «collassi», «è necessaria un’azione affinché vengano coinvolti tutti i comuni del territorio regionale e, laddove necessario, vengano attivati trasferimenti fuori regione». Ma, a tutela di chi c’è, nel Sossi-pensiero va assoldato «personale specializzato nell’insegnamento di lingua italiana ed educazione civica». Investire sull’integrazione è a sua volta un caposaldo di Furlanic: «Considerando che determinate comunità risultano concentrate in determinate zone della città, si propone di dotare ciascun Consiglio circoscrizionale di un fondo di bilancio per iniziative volte alla conoscenza reciproca tra immigrati e altri residenti».
Anche Alessia Rosolen di Un’altra Trieste popolare ammonisce sul fatto che «Trieste ospita una percentuale di richiedenti asilo, rispetto al numero degli abitanti, che oscilla fra il triplo e il quadruplo della media nazionale. Il sostegno a chi fugge da guerre e persecuzioni è un dovere morale» ma per Rosolen «la finta solidarietà delle “porte aperte a tutti” indiscriminatamente producono danni ai residenti ed a chi è davvero meritevole di accoglienza». Un «no all’immigrazione indiscriminata» viene quindi dall’indipendente Fabio Carini di Startup Trieste, per il quale «la municipale è una risorsa da utilizzare 24 ore al giorno», mentre gli indipendentisti si spingono oltre. Nicola Sponza di Uniti per Trieste vuole «nuclei permanenti adeguatamente formati ed attrezzati nei luoghi più a rischio», Vito Potenza non è d’accordo con «l’assistenzialismo fine a se stesso» e mette al primo posto i triestini, Giorgio Marchesich del Fronte per il Tlt ci mette infine una pietra sopra: «Debellare l’immigrazione clandestina negando qualsiasi favoritismo agli immigrati».
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