Dat, 32 gli iscritti nel registro comunale

Il dato riferito dal vicesindaco Martini: «Una sessantina di persone poi ha chiesto informazioni»
Silvano Trieste 26/06/2014 CCIAA incontro sulla Sanita'
Silvano Trieste 26/06/2014 CCIAA incontro sulla Sanita'

Sono 32 le Dichiarazioni anticipate di trattamento ("Dat"), meglio conosciute come dichiarazioni di fine vita, finora pervenute all’apposito Registro, istituito lo scorso 5 maggio dal Comune. Si tratta dell'espressione della volontà di una persona, mentalmente lucida, in merito alle terapie da utilizzare nel caso non potesse più esprimerla a causa di malattie o lesioni traumatiche irreversibili o invalidanti, che costringano a trattamenti permanenti che impediscano una normale vita di relazione.

Il dato è stato fornito dalla vice sindaco, Fabiana Martini, a un dibattito organizzato sul tema dall’Ordine dei medici. «L’Ufficio preposto – ha detto Martini – ha ricevuto una sessantina di richieste telefoniche di informazioni e fissato 51 appuntamenti per approfondire l’argomento». Definito dai presenti “un passo in avanti sulla strada della tutela del diritto delle persone all'autodeterminazione in tema di salute”, la “Dat” lascia però aperte molte insidie. «Il nostro codice deontologico – ha osservato il presidente dell’Ordine dei medici, Claudio Pandullo - prevede che il medico debba tener conto della ‘Dat’ se formulata per iscritto e datata da persona capace e in grado di valutare almeno sommariamente la tipologia delle cure».

Gloria Carlesso, magistrato, riferendosi alla delibera del Comune istitutiva del Registro, ha spiegato che «il regolamento prevede la possibilità di nominare un fiduciario, sorta di procuratore speciale, che può spiegare meglio la volontà del dichiarante». «La delibera sulla ‘Dat’ – ha proseguito - istituisce un servizio per i cittadini, però non risolve tutti i problemi. Servirà rifarsi al principio guida del rispetto della volontà del paziente – ha concluso - considerandolo sempre persona e non materiale di trattamento sanitario».

Il costituzionalista Paolo Giangaspero, ha citato l’articolo 32 della Costituzione “che sancisce il diritto alla salute”. «Al centro – ha precisato - c'è la persona con il suo diritto all'autodeterminazione. Siccome la Costituzione, nella gerarchia delle fonti, è la prima in assoluto, nessuna legge può derogarvi. Il problema si crea nei casi difficili, cioè quelli che non rientrano nei protocolli medici». Il neurologo Fabrizio Monti si è soffermato sul problema del trattamento dei pazienti in stato vegetativo e su quello della “giustizia nella distribuzione delle cure”.

Il medico anestesista Giorgio Berlot ha evidenziato un dato: «Più del 75 per cento delle morti dei pazienti in terapia intensiva – ha sottolineato - avviene per sospensione del trattamento in accordo coi familiari».

Ugo Salvini

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