Dehors, indietro tutta: per quelli già esistenti ok almeno fino al 2016

Col patto Regione-Ministero che supera la Soprintendenza il Comune torna a «giudicare liberamente le deroghe»

Aver consumato nervi, soldi e tempo, alla fine per niente, eppure farsi prendere dalla pace dei sensi. Per amministratori e soprattutto esercenti è l’ora del dolce paradosso. Alla luce del patto firmato mercoledì da Regione e Ministero per i Beni culturali per la sburocratizzazione delle procedure a sfondo turistico in ragione della specialità del Friuli Venezia Giulia, il complicatissimo teorema dei dehors si fa banale operazione d’aritmetica. Saltano tutti (o quasi) gli stringenti obblighi ad orologeria (gran parte dei quali sarebbe entrata in vigore dopo la Barcolana) ad adeguare gli arredi esterni di bar e ristoranti secondo i dettami della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, retta dall’architetto Maria Giulia Picchione. È il Comune dunque, è proprio quel Comune che per più d’un anno ha mediato fino allo spasmo con la Soprintendenza (per evitare che col 31 dicembre 2013 tutti i dehors finissero fuorilegge) che torna padrone dei destini degli esercenti e di ciò che loro possono o non possono mettere fuori dalla porta.

Verrebbe insomma da dire tanto rumore per nulla, ma in Municipio l’idea non va giù: è vero che Debora Serracchiani stava trattando già con Massimo Bray, il predecessore del ministro in carica Dario Franceschini, ma non v’era certezza né dei tempi né, soprattutto, del risultato. La concertazione con Picchione, nella stesura del nuovo Regolamento sull’occupazione del suolo pubblico e sugli arredi esterni, era un atto preventivo dovuto. Nell’attesa che qualcosa potesse accadere. Ebbene, adesso quel qualcosa piomba sul Regolamento e lo semplifica, lo libera dall’interpretazione più restrittiva della circolare dell’ex ministro Lorenzo Ornaghi: via il parere monumentale obbligatorio e vincolante della Soprintendenza sui permessi per i dehors.

La morale spiccia (ma che più interessa agli addetti ai lavori) è che, anzitutto, come peraltro si legge in un comunicato dell’amministrazione Cosolini, «per tavoli, sedie, ombrelloni e fioriere (sì pure le fioriere precedentemente vietate, ndr) l’adeguamento al regolamento non avrà più come scadenza il 5 novembre 2014 (che era la proroga di un termine più volte già prorogato, ndr) bensì il 31 gennaio 2016». È una vita in più per ciò che già c’è e che, se non ci fosse stato il “patto” del 4 giugno, sarebbe dovuto sparire appunto dopo la Barcolana. Perché? Perché il 31 gennaio 2016 è la data indicata nelle «norme transitore contenute nel Regolamento». Norme che «valgono per le concessioni emesse direttamente dal Comune». Che fino al 4 giugno quasi non esistevano e che ora, invece, sono (quasi) la totalità. Non solo. Essendo questi permessi futuri nelle mani del Comune, è presumibile che si andrà di manica più larga nei modi oltre che nei tempi, dunque per «superfici, colori e tipologie», se è vero che - e lo recita lo stesso comunicato del Municipio - ora «l’amministrazione può giudicare liberamente la concessione di deroghe senza dover sottostare ai criteri stringenti dettati dalla Soprintendenza». Gli unici punti “sensibili”, entrando nello specifico, al di là dell’incognita delle pedane (si legga sopra, ndr), restano le zone da salotto buono soggette a vincolo paesaggistico: piazza Unità, piazza della Borsa e Ponterosso, prima di tutto. Qui, in efffetti, servirà il parere positivo della Soprintendenza che passerà però comunque per l’iter del Municipio e che se non arriverà entro 60 giorni, secondo il principio del silenzio-assenso, darà alla Commissione paesaggistica comunale la possibilità di chiudere la pratica.

Teorema risolto, pertanto. Con un rimpianto: se il patto Regione-Ministero che bypassa la Soprintendenza si fosse celebrato prima di fine aprile, scadenza delle scadenze per il varo del nuovo Regolamento, probabilmente centinaia di esercenti avrebbero potuto evitare di pagare mille euro di media per il “progettino” timbrato da un professionista così come richiesto per il rinnovo delle autorizzazioni incrociate Comune-Soprintendenza, ora non più necessarie. «Certo - osserva l’assessore Elena Marchigiani - meglio sarebbe stato raggiungere l’accordo prima dell’approvazione del Regolamento, si sarebbe pure potuto risparmiare, ma nelle more noi abbiamo portato avanti un processo di condivisione con la Soprintendenza, cui eravamo tenuti, che ha comunque permesso agli esercenti di mantenere le attività ben oltre il 31 dicembre 2013, scadenza di tutte le deroghe». «Ringrazio la Regione che ha lavorato più che bene - chiude Roberto Cosolini - perché ci consente di tornare a istruttorie autonome. Trieste è una città in cui istituzioni, cittadini e operatori hanno sempre rispettato il patrimonio culturale. Siamo in grado di gestirci».

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