Disabile s’infortuna alla sega circolare: 3 mesi all’azienda

Subisce un infortunio sul lavoro, assegnato a un reparto dedicato al taglio di lamine e pannelli di legno, senza tuttavia aver potuto seguire il necessario percorso formativo propedeutico all’attivita lavorativa, condotta in coppia, e le relative istruzioni in ordine alla sicurezza.
L’uomo, M.A., monfalconese all’epoca di 40 anni, a causa dell’incidente sul lavoro ha perduto la falange del dito mignolo.
Il Tribunale di Gorizia ha condannato il rappresentante legale dell’azienda datrice di lavoro, la P.M.&C. Srl, di Staranzano, stabilendo una pena di tre mesi di reclusione, nonchè il pagamento di una provvisionale di 7mila euro ed il risarcimento danni liquidabili in sede civile.
Il rappresentante legale dell’azienda staranzanese, successivamente finita nelle more del fallimento, all’epoca era Maria Beatrice Tarsia Incuria.
Un evento acuito dalle particolari condizioni dell’operaio infortunato, invalido a causa della poliomelite contratta in giovane età.
Il fatto risale al 2011. Il monfalconese era stato regolarmente assunto dall’impresa che si era avvalsa di un progetto provinciale finalizzato all’inserimento lavorativo di persone disabili. Con ciò a fronte del rispetto della quota occupazionale prevista per gli invalidi dalla normativa.
A causa della malattia l’uomo, oggi 46enne, è costretto ad una andatura claudicante. Una situazione delicata, che non gli permette di rimanere a lungo in piedi, limitandone pertanto sia i movmenti che la postazione fisica.
La qualifica che gli era stata attribuita in azienda era quella di aiuto magazziniere. Finchè un giorno il monfalconese è stato assegnato, assieme ad un collega, al reparto di taglio. Un macchinario composto da una sega circolare squadratrice fissa e da un nastro trasportatore di carrelli dove trovano posto i pezzi di materiale che scorrono su appositi binari.
Si tratta pertanto di un lavoro da eseguire in coppia e per il quale sono necessarie le dovute sincronizzazioni. Il monfalconese quel giorno era alle prese con la gestione dei carrelli dove venivano posizionati i pezzi di legno mentre il collega era impegnato a tagliare via via le assi abbassando la sega elettrica.
A un certo punto il 40enne, rimasto a lungo a girare attorno al macchinario, colto da un momento di stanchezza, aveva cercato un appoggio per alleviare in qualche modo la fatica. È stato un attimo, il tempo di mettere la mano sui binari del trasporto dei carrelli. Lo schiacciamento del dito mignolo ha reso necessaria l’amputazione della falange.
Venerdì scorso, al Tribunale di Gorizia, durante l’ultima udienza del processo, il monfalconese ha raccontato quanto accadutogli, nonchè le conseguenze derivate dall’infortunio, pregiudizievoli anche sotto il profilo psicologico e morale, considerata la sua già delicata condizione. Il giudice Andrea Comez ha condannato quindi la rappresentante legale dell’azienda a 3 mesi di reclusione, assieme al pagamento della provvisionale e al risarcimento in sede civile dei danni. Il pubblico ministero, Ancora, da parte sua, ha richiesto due mesi.
In sostanza, per il giudice l’azienda ha omesso di fornire tutte le debite misure per garantire l’attività in sicurezza, considerando sia la fase propedeutica di formazione sia il fondamentale coordinamento tra i due operai addetti all’operazione del taglio di pannelli.
A rappresentare il monfalconese costituitosi parte civile al processo è stato l’avvocato Massimo Bruno, mentre a sostenere la difesa è stato l’avvocato Maurizio Rizzatto.
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