Don Ruggero Dipiazza: la Sala di San Rocco modello di integrazione

E' nata come una sala, un piccolo auditorium. Oggi, a dieci anni da quel giorno di primavera del 2006, è diventata ormai da tempo un luogo di ritrovo. Che è cosa diversa, perché ha a che fare con lo spirito, il senso di comunità, l'incontro. Come da nome, del resto, perché stiamo parlando appunto della Sala Incontro della parrocchia di San Rocco, che in queste settimane festeggia i suoi primi dieci anni di attività. Sono passati in un lampo, esattamente come fu velocissima la sua genesi. Dopo trent'anni di attesa - fin dal suo arrivo a San Rocco il parroco don Ruggero Dipiazza sentì l'esigenza di dotare il borgo e la sua comunità di uno spazio fisico dove ritrovarsi e vivere tanti momenti diversi -, nel 2005 arrivarono il progetto (firmato dagli architetti Piccotti e Grusovin) e i lavori, che si conclusero in circa dodici mesi. L'investimento fu di circa 850mila euro, metà dei quali finanziati in vent'anni dalla Regione, e il resto frutto di decenni di risparmi da formichina della parrocchia. Che regalarono a San Rocco e a Gorizia un vero e proprio "luogo" d'incontro.
Don Ruggero Dipiazza, a dieci anni da quel giorno la sfida che vi eravate posti è vinta?
Direi proprio di sì. La Sala Incontro rappresenta e continua a rappresentare un punto di riferimento per la comunità. E' uno spazio parrocchiale, ma esprime programmi e iniziative anche laiche, dando la possibilità a persone diverse e provenienti da realtà del tutto differenti di trovarsi e confrontarsi.
La sala ospita attività ed eventi a cadenza pressochè quotidiana.
Ovviamente gli spazi fanno da cornice innanzitutto a quanto propone la parrocchia, con attenzione particolare alle famiglie e ai ragazzi, e ospita ad esempio tutte le attività del centro estivo o del doposcuola. Ma vi si svolgono anche i corsi di formazione biblici o teologici, presentazioni di libri, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche e dibattiti. E, quando ce n'è stata occasione, abbiamo dato anche il nostro contributo alla discussione sui temi dell'attualità cittadina, ospitando ad esempio il confronto pubblico tra i candidati sindaco nell'ultima tornata elettorale a Gorizia.
C'è un momento di questi dieci anni che l'ha resa particolarmente orgoglioso?
Non uno solo. E' piuttosto la sensazione e la consapevolezza che in ogni circostanza le porte della Sala Incontro si aprono e offrono un ambiente accogliente per tutta la città. Ecco, la sala è diventata un luogo dove ritrovarsi, in un momento invece in cui la città sembra impoverirsi di occasioni, associazioni, spazi di confronto.
Avrebbe immaginato che la sala della parrocchia sarebbe diventata punto di riferimento per tutta la città?
"Ammetto che questo era il mio desiderio recondito. Fin dall'inizio io pensavo e speravo in qualcosa del genere. Con la fine della storia della Stella Matutina, ad esempio, mi sembrava necessario che Gorizia trovasse un altro contenitore che potesse svolgere quel ruolo nel solco della storia e della tradizione cristiana della città. Ma, ripeto, la sala è aperta a tutti coloro che ne fanno richiesta, eccezion fatta che per scopi commerciali che non sono ammessi.
Se la Sala Incontro è un piccolo gioiello, il Borgo San Rocco che momento vive?
Vive la situazione di ogni realtà dove la popolazione è ormai sempre più anziana. Con una presenza di oltre 300 stranieri che vivono pacificamente nel tessuto sociale, ma faticano a integrarsi realmente per le differenze linguistiche e di identità, che non è facile superare.
In tal senso si inserisce anche la presenza del villaggio di Medici Senza Frontiere... Che per San Rocco e la sua gente non ha mai rappresentato un problema. L'esperienza del centro San Giuseppe degli anni Duemila ha aiutato a vivere tutto con molta più serenità: nessuno ha avuto nulla da ridire sulla presenza dei migranti, anche se per i motivi che ho già esposto è mancata una vera integrazione, e il centro è rimasto un po' un corpo a sé stante.
Dopo la sfida vinta della Sala Incontro, la prossima sarà allora l'integrazione?
Si, e non riguarda solo San Rocco, ma tutta la città. Dobbiamo chiederci come è possibile integrare gli stranieri, rispettandone le identità ma arrivando ad una condivisione.
Marco Bisiach
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