Ex dirigente salta le ferie e fa causa al Comune di Trieste

TRIESTE Il Comune di Trieste cambia metodo e non intende più pagare le ferie non godute. Un caso di scuola, come si suol dire, che si è affacciato all’attenzione degli amministratori con la delibera 537 esaminata un mese fa dalla giunta. L’esecutivo Dipiazza - che ha approvato all’unanimità l’atto, schierato al gran completo -, ha deciso di costituirsi in giudizio versus il ricorso presentato da una ex dirigente, l’avvocato Giuliana Cicognani, che si è rivolta al giudice del lavoro avendo ritenuto insufficiente il riconoscimento economico, a opera del Municipio, relativo alle vacanze non fatte. Sarà un professionista esterno, l’avvocato Rossella Malpeli «particolarmente esperta in materia», a rappresentare l’ente. Il Servizio avvocatura impegna per questa pratica la somma di 15 mila euro.
È la prima volta, secondo fonti di Piazza Unità, che l’amministrazione resiste in giudizio per una vicenda di questo tipo: cioè, in passato il Comune finiva col pagare. Per questo motivo la scelta della giuntae, ispirata dal segretario generale Santi Terranova, innova il comportamento abitualmente seguito dalla struttura: possiamo definirlo una prima volta.
Il “caso Cicognani” merita di essere ricostruito con qualche dettaglio ulteriore. L’ex dirigente, in pensione dal 30 giugno 2010 dopo quasi 40 anni di militanza nelle schiere comunali, ha presentato un ricorso il 3 ottobre scorso, nel quale sostiene di non aver usufruito di 201 giorni di ferie ma di aver ricevuto l’indennità per il mancato godimento solo per 51 giorni (comprese le festività soppresse). Per i restanti 155 giorni la cosiddetta indennità “di sostitutiva”, calcolata in poco più di 60mila euro, non le è stata invece concessa. Vengono inoltre richiesti un consulente tecnico d’ufficio e l’ammissione di testi.
La linea di difesa comunale è già accennata nelle premesse della delibera. L’amministrazione considera «infondato» il ricorso perchè il dirigente ha facoltà di autodisciplinare le ferie «senza ingerenza del datore di lavoro». Il Comune - incalza il testo della delibera - non ha mai chiesto all’avvocato Cicognani di rinunciare alle ferie, differirle o rientrare anticipatamente causa ragioni di servizio. Per cui, se l’ex dirigente non è riuscita a godere delle ferie, questo è da addebitarsi a una sua problematica autogestione lavorativa. Poichè le ferie di un dirigente durano poco più di un mese all’anno, i 201 giorni accumulati dall’avvocato Cicognani equivalgono a oltre sei anni di mancate vacanze. Il contratto collettivo della dirigenza - precisano le fonti comunali - prevede che le ferie vengano godute nell’anno in corso e comunque non oltre il dicembre dell’anno successivo.
Dopo il pensionamento avvenuto nel giugno 2010 (durante il Dipiazza bis), Giuliana Cicognani, esperta in materie giuridiche, specie in ambito contrattualistico, aveva continuato a collaborare con l’amministrazione attraverso “prestazioni di lavoro autonomo occasionali” consecutive dal settembre 2010 al 31 dicembre 2014 (a cavallo del Dipiazza bis e dell’era Cosolini). Al centro dell’attività post-quiescenza «le procedure di cessione delle aree concesse in diritto di superficie e modifica delle convenzioni per la cessione delle aree incluse nei Peep».
L’avvocato Cicognani si è rivolta al giudice competente alcuni anni dopo la quiescenza, in quanto la prescrizione dei presunti inadempimenti da parte del Comune è di durata decennale.
Se la “resistenza” del Comune in giudizio inaugura una nuova stagione, la questione delle ferie non godute ma pagate è molto diffusa nell’ente. Ci sono casi di dipendenti che hanno accumulato - dicono in Piazza Unità - 470 giorni di vacanza, pari a quasi 16 anni di ferie non fatte. Il segretario Terranova, con il “caso Cicognani”, sembra voler imprimere un giro di vite a comportamenti ritenuti sconsigliabili dal punto di vista gestionale.
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