I negozianti all’unisono: «Il mercato è fermo»

Con i saldi le vetrine si riempiono di tanti sconti colorati e i manichini sfoggiano il loro abito più bello. Ma se il countdown di questo evento riempie di felicità venditori e clienti più esigenti,...

Con i saldi le vetrine si riempiono di tanti sconti colorati e i manichini sfoggiano il loro abito più bello. Ma se il countdown di questo evento riempie di felicità venditori e clienti più esigenti, non sempre l’esito dei saldi si rivela troppo entusiasmante. La crisi continua a farsi sentire. A conferma di questa tendenza non proprio positiva, le parole sconsolate di Elisa Marin: «Rispetto alla vendita diretta, il nostro punto vendita trova buone risposte grazie al web. Tramite la pagina Facebook e soprattutto Instagram, i selfie ci permettono di far capire realmente la vestibilità di un determinato capo», racconta la ragazza che lavora in via Rastello. Ma la crisi non sembra essere il solo problema di uno shopping mancato: la difficoltà principale è rappresentata dalla concorrenza. «Che siano jeans, profumi o calze, la clientela fa affidamento su ciò che già conosce. La società apprezza l’abitudine, il cambiamento fa quasi paura. Ed è per questo che da noi i saldi vanno bene», dichiara Francesca che lavora in un noto punto-vendita tutto al femminile, in Corso Verdi. Se per un esercizio a marchio unico, il brand internazionale è sinonimo di un successo che resiste ai cambi di stagione, per i negozianti locali non basta una giornata di fortuna. «La clientela si affida alla pubblicità che vede in tv. Sembra che un jeans visto su una passerella a Milano sia più convincente di un pantalone anonimo, ma di miglior lavorazione, che resiste anche meglio nel tempo», svela la quarantenne Anna Devetag che gestisce una boutique in Corso Italia. Abiti luminosi, brillantini ovunque e prezzi perennemente in saldo. Non sembra un caso che oltre alla mania degli italiani per la cucina asiatica, anche la moda abbia aperto le porte alla cultura dell’Est Europa. Nonostante molti cittadini fermati per strada, abbiano affermato di non apprezzare la stravaganza cinese, in soli dieci minuti, sono stati almeno cinque gli isontini rimasti colpiti dai ricami proposti nel negozio di Corso Verdi. «I capi non sono migliori, ma si pagano molto meno. A volte, anche con i saldi gli abiti italiani non meritano il prezzo che valgono – hanno affermato Claudia e l’amica Giulia, prese a curiosare per la città dopo l’uscita da scuola -. Per noi giovani le nuove etnie non rappresentano un problema e anche una collana o una pashmina colorata possono diventare il regalo giusto per un compleanno». Un mercato fermo in sostanza, che neanche San Valentino ha saputo risvegliare. Ma se la trasformazione internazionale è già iniziata, forse solo con il passare del tempo, il commercio goriziano darà i suoi veri frutti. Perché i commercianti locali, di amore ne hanno tanto e nel racconto delle fatiche, i loro occhi non smettono di brillare.

Valentina Princic

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