Il biglietto d’addio lasciato sul carrello delle terapie

Prima di chiudersi in bagno e farla finita Elena ha lasciato un biglietto. L'hanno scoperto poco dopo sul carrello delle terapie. «Pare ci siano scritte le scuse rivolte alla famiglia, ma non sappiamo molto», rivela un medico che chiede l'anonimato. Quelle parole potrebbero chiarire il motivo del suicidio.
Depressione, pare. Elena era riservata, ma chi la conosceva sapeva che stava attraversando un periodo duro della sua vita. Era sull'orlo della separazione con il compagno, racconta più di qualcuno. Ma sul contenuto di quel biglietto non ci sono conferme. Delle frasi scritte nel messaggio, peraltro, poco importa al personale del decimo piano della Torre chirurgica di Cattinara, dove convivono due reparti, la Clinica otorino e la Chirurgia vascolare. Hanno perso Elena, un'amica, chiedono silenzio e rispetto.
La donna è stata trovata attorno alle sei e mezza del mattino dalla collega del turno notturno, Luana, che si è insospettita nel non vederla più da un po'. Da quanto risulta è stata rinvenuta con l'aiuto di altre infermiere che avrebbero dovuto entrare in servizio poco dopo. La trentottenne si era nascosta nella toilette, quella con la porta gialla, in cui c'è anche la doccia per i pazienti. Era riversa a terra con una flebo di farmaci infilata nel braccio, in endovena. Nella spazzatura sarebbero spuntate sedici boccette di Valium e altri medicinali. Forse ha inghiottito anche pillole. «Penso a Luana, a cosa può provare adesso», mormora un'infermiera.
Nulla, davvero nulla, lasciava immaginare il macigno che Elena si portava dentro. Tutto era normale, assolutamente normale dicono tutti. Per quello stesso giorno in reparto avevano organizzato una serata tra colleghi a cui avrebbe partecipato anche la trentottenne. «Elena diceva poco di se stessa - riprende un'infermiera - ma non aveva mai dato segni di squilibrio. Si stava separando, questo si sapeva. Adesso qui siamo tutti sconvolti, è una cosa pazzesca».
In corsia si domandano tutti come sia potuto accadere. Come è stato possibile che nessuno si sia accorto della sua sofferenza. «Talvolta si riesce a cogliere qualcosa, magari nel comportamento o nelle parole, altre volte no», osserva un'altra collega.
Certo è che Elena aveva pianificato tutto. L'orario, i farmaci e il luogo dove suicidarsi. «Pazzesco -, ripetono in corsia -. Con noi era sempre disponibile, una brava professionista. Era attenta, lavorava con cura, pazienza e dedizione. Una brava professionista». Quella notte c'erano due infermiere in servizio, una per reparto: una per la Chirurgia vascolare e l'altra per l'Otorino. Trentadue letti in tutto, stando a quanto riferisce chi lavora al decimo piano di Cattinara. Non è chiaro dopo quanto tempo la collega Luana si sia resa conto dell'assenza di Elena. Avrebbe potuto? Le due cliniche si sviluppano in due corridoi che formano una "L": se una è indaffarata con un paziente, non può sapere cosa accade dall'altra parte. «Impossibile accorgersene - spiega un'addetta -. Se succede qualcosa, se una si sente male, se ha problemi o se viene aggredita, non te ne rendi conto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo








