«Il caldo da record ha colpito anche l’Alto Adriatico»

TRIESTE. Il 2015 è stato l’anno più caldo di sempre da quando esistono le rilevazioni. Un primato, questo, che in regione trova particolari riscontri, soprattutto se si prende in considerazione l’arco alpino orientale. «L’aumento di temperatura sulle Alpi orientali è superiore del 50 per cento rispetto a quanto mediamente registrato nel mondo, mentre l’innalzamento del livello marino nell’Alto Adriatico, pari a venti centimetri, è in linea con quanto accade nel resto del pianeta». Ad affermarlo, davanti a un’aula gremita di studenti, è stato Filippo Giorgi, uno dei massimi esperti mondiali di studi climatici, direttore della sezione di Scienze della Terra dell’Ictp, il Centro di fisica teorica di Miramare.
Giorgi ha affrontato il tema del riscaldamento globale in occasione della Masterclass Series intitolata al triestino Giacomo Ciamician, universalmente considerato come uno dei precursori dell’energia solare, che si è tenuta all’Università di Trieste. Aumenta la temperatura della superficie della Terra, si sciolgono i ghiacciai, la copertura dei ghiacci artici è in decisa recessione, aumenta l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte degli oceani e aumenta il livello dei mari. Sono queste le evidenze del riscaldamento globale. «È un fatto inequivocabile», afferma il luminare che fino al 2008 è stato uno dei membri più influenti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), il comitato esecutivo che nel 2007 ha vinto il premio Nobel per la pace.
Giorgi ha spiegato perché l’innalzamento della temperatura globale è un fattore preoccupante. Le proiezioni dei modelli matematici parlano di un aumento di 4 o 5 gradi entro il 2100, sufficiente a incrementare l’innalzamento del livello del mare (fino a un metro), lo scioglimento dei ghiacciai e l’intensificazione della circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera terrestre, con un conseguente aumento dell’intensità delle precipitazioni e dei periodi di siccità. «Piove più intensamente ma con meno frequenza», spiega Giorgi, che elenca alcuni degli ultimi episodi catastrofici che hanno coinvolto l’Italia e che non hanno risparmiato il Friuli Venezia Giulia. Alluvioni come quelle che hanno sconvolto Genova nel 2011 e nel 2014, oppure la Sardegna nel 2013: non più episodi isolati, insomma, ma eventi che sono conseguenza diretta dell’aumento dei gas serra di origine antropica. «Le emissioni di anidride carbonica, frutto dell’attività umana, stanno modificando il clima terrestre». Un giudizio netto, quello emesso dal climatologo di origini abruzzesi, che fa uscire definitivamente dal campo delle ipotesi questa preoccupante visione, consegnandola all’opinione pubblica. L’allarme è stato lanciato a livello mondiale. A Parigi, a fine dicembre, è stato approvato l’accordo internazionale sul clima. I governi firmatari si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. I danni provocati dal riscaldamento globale, infatti, suggeriscono di correre immediatamente ai ripari. Molte specie animali e vegetali si sono già estinte per il deterioramento di alcuni habitat, mentre vi è un’espansione geografica di alcuni tipi di malattie infettive quali la malaria. Cresce l’inquinamento dell’aria e aumenta l’acidificazione degli oceani, andando a influenzare la catena alimentare marina. Si incomincia anche a parlare di rifugiati ambientali, per indicare le persone che si trovano a lasciare la propria terra per sfuggire a delle condizioni climatiche difficili.
Il punto di non ritorno, che potrebbe portare alla scomparsa della foresta amazzonica, al collasso della circolazione oceanica e allo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia e nell’antartico occidentale, potrebbe essere superato entro il 2300. Un margine di tempo, quello che ci separa da tale soglia, che suggerisce di «gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile», puntando sull’efficienza energetica, sulla riforestazione e sulle energie rinnovabili.
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