IL CALO DELLE TASSE DEVE ATTENDERE
conti pubblici non se la passano male, ma per la riduzione delle tasse, fatta eccezione per l'Ici, occorrerà ancora aspettare. Per molti questa è una brutta notizia, ma a ben guardare una logica c'è. Di denari nelle casse dello Stato ne stanno affluendo parecchi. Solo per le entrate inizialmente non preventivate - l'extragettito - la stima aggiornata per l'intero anno supera i tre miliardi di euro. Poi c'è anche l'economia che va meglio del previsto (la stima attuale è una crescita del Pil del 2%) e c'è il lavoro del viceministro Visco che sta rendendo un buon recupero di evasioni ed erosioni varie. Come utilizzare questi margini di manovra che l'Italia da tempo non conosceva è materia del Documento di programmazione economica e finanziaria le cui linee sono state approvate ieri dal Consiglio dei ministri.
Com'è naturale, i vincoli da rispettare e le opportunità da cogliere hanno imposto la soluzione di una equazione complessa che il governo ha affrontato in una ottica lunga. Evidentemente, a dispetto dei pronostici contrari che molti vanno formulando, Prodi è convinto di poter portare il suo governo al termine naturale della legislatura.O almeno si comporta come se nulla minacciasse il completamento di questo percorso. Di conseguenza, la riduzione del carico fiscale rimane certamente in agenda, tanto più in quanto nelle elezioni dell'anno passato proprio sulla questione fiscale perse quasi tutto il cospicuo vantaggio sul centro-destra del quale era accreditato.
Ma è una carta da giocare più in la, più a ridosso del confronto elettorale, utilizzando le risorse disponibili per priorità più attuali e pressanti: i vincoli europei, la riduzione delle sperequazioni distributive e dell'area del disagio, il sostegno allo sviluppo e le opere infrastrutturali. La Commissione di Bruxelles ha chiesto ed insiste affinché queste consistenti risorse disponibili vengano impiegate per ridurre il disavanzo ed il debito; del resto, questo è il suo obiettivo in funzione della stabilità monetaria e finanziaria dell'area euro e poco si interessa del costo economico e sociale che avrebbe un aggiustamento così drastico. Se ne interessa, invece, il governo che ha ben presente l'effetto restrittivo che si determinerebbe nel sistema economico se questa consistente quantità di denaro prelevata da famiglie e imprese non venisse almeno in parte rimessa nel circuito che alimenta consumi, investimenti, risparmio.
La finanza pubblica, dunque, verrà consolidata (tra l'altro, ricostituendo un surplus primario che il centro-destra aveva totalmente eroso pur costituendo la garanzia di sostenibilità del debito) ma con gradualità e, soprattutto, senza rischiare conseguenze negative per una crescita apprezzabile, si, ma ancora più lenta che negli altri Paesi e troppo dipendente dalle esportazioni. Questa gradualità è necessaria per poter affrontare le priorità che incalzano il governo: riduzione delle sperequazioni distributive e dell'area del disagio, sostegno allo sviluppo ed investimenti in infrastrutture, e poi sicurezza e ricerca (anche se per quest'ultima gli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria per quest'anno aspettano ancora i decreti che possono renderli operanti); tutti impieghi oggettivamente necessari, ma imposti soprattutto dalla esigenza che il governo ha di dare segni più tangibili della sua azione e di assicurarsi la tenuta della variegata maggioranza.
Poi, solo poi, verrà il tempo della riduzione delle tasse, o almeno di una redistribuzione del carico fiscale nella misura che sarà consentita dal recupero della evasione. Anche se non è una regola scritta, è pratica diffusa che i governi questa carta non la calino se non quando gli elettori ne possano avere viva memoria il giorno in cui saranno chiamati a votare.
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