Il grande esodo a Grado e Lignano dopo le scosse di settembre

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Accogliere complessivamente, trovando le abitazioni (ma anche campeggi e alberghi), messe perlopiù a disposizione spontaneamente (in certi casi sono state anche requisite), per 25.850 persone non è stato sicuramente facile.

Eppure Grado e Lignano l’hanno fatto meritandosi a pieno merito il titolo di “città accogliente”.

La dimostrazione? In entrambe le località ci sono persone che non si sono più mosse, vuoi perché hanno trovato lavoro e vuoi pure perché a Grado e a Lignano qualcuno ha trovato l’amore della vita.

Ciò avvenne a seguito della seconda terribile ondata sismica del settembre del 1976 che obbligò per forza di cose a trovare una, seppur momentanea, soluzione abitativa per decine di migliaia di terremotati senza casa che trovarono sistemazione nelle località balneari del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, da Grado sino a Jesolo.

La situazione d’emergenza non ci fu pertanto solo nel Friuli devastato dal terremoto ma anche, per altri aspetti, nelle zone di mare. E con l’impegno di tante persone locali che hanno volontariamente sostenuto le più svariate necessità, peraltro come avevano già fatto in precedenza, a maggio.

Ma non si trattò solamente di ospitalità: fu necessario pensare alla situazione scolastica, a quella sanitaria, all’assistenza sociale, alla situazione dei trasporti.

Prendiamo ad esempio ciò che accadde a Grado nel settore della scuola iniziata per tutti già il 5 ottobre. Nell’isola c’erano 435 alunni delle scuole elementari provenienti da 64 comuni terremotati. Furono divisi in 21 classi e ogni classe aveva un suo insegnante proveniente dalle stesse zone; 286 erano i ragazzi delle medie e 228 quelli delle superiori per i quali ci fu il trasporto gratuito a Gorizia, Monfalcone, Cervignano e Udine.

Villa Ostende, appositamente ristrutturata, ospitò inoltre 240 bambini dell’asilo.

Un dato sui trasporti: oltre al servizio urbano, funzionarono allora anche 7 linee giornaliere per il trasporto, gratuito, di circa 500 persone che si recavano a lavorare in Friuli. (a.b.)

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