IL PD CERCA UN’ANIMA

Dopo aver minimizzato a lungo la portata del disastro elettorale, le forze che daranno vita al Partito democratico hanno deciso finalmente di interrompere una incomprensibile catena di manovre interne e di chiamare i propri elettori ad eleggere il leader della futura forza politica. È molto di più della scelta di una persona: nella latitanza e nella incertezza di un progetto definito e chiaro è comunque la scelta di un profilo, di una prospettiva da costruire. Un simile atto di fondazione, per essere credibile, deve essere limpido: deve vedere cioè un confronto vero fra diverse anime. O meglio, fra diverse proposte di sintesi.


Devono misurarsi in esso le energie migliori, senza infingimenti o equilibrismi: l'ipotesi di un "ticket" fra Veltroni e Franceschini, adombrata ieri da qualche giornale, sembra un ennesimo modo per non scegliere. Un modo per non utilizzare al meglio due differenti risorse del nuovo partito. Se fosse davvero portata avanti apparirebbe come una sorte di compromesso di partenza, e rischierebbe di danneggiare anziché favorire una candidatura importante come quella di Veltroni: una candidatura che può diventare l'ipotesi vincente per tutto il futuro partito solo se nasce nel modo giusto, nel confronto con altre. Ad esempio con quella dello stesso Franceschini, o di Rutelli. Sarebbe auspicabile inoltre una candidatura del tutto differente, ad esempio una figura che abbia i contorni di Luca di Montezemolo (Montezemolo stesso, se non avesse oggi un altro ruolo): sarebbe anche in questo caso l'indicazione esplicita di una direzione di marcia, di un profilo.


Per rendere proficuo il confronto e per evitare una «conta» fra Ds e Margherita sarebbe bene inoltre che dalle diverse aree scendessero in campo più candidati, portatori ciascuno di proposte e progetti. L'idea di un «candidato unico» dei Ds, avanzata da Fassino in riferimento a Veltroni, non aiuta per nulla: non è il modo giusto per fondare una realtà politica davvero nuova, rimescolando appartenenze e rimuovendo steccati. Nell'area dei Democratici di sinistra i nomi più credibili, oltre a Veltroni, appaiono quelli di Pierluigi Bersani e di Anna Finocchiaro. Bersani impersona al meglio, nel quadro attuale, quel pragmatismo che ha fatto la forza vera del riformismo comunista emiliano. Un riformismo che fra anni cinquanta e anni ottanta ha saputo fare i conti con la trasformazione profonda della regione, con la scomparsa dei soggetti sociali su cui il partito si era basato agli inizi (braccianti, mezzadri e operai) e con il diffondersi di un modello basato sulla piccola impresa e sul terziario: la terza Italia, insomma.


L'Italia, in buona misura. Il segnale d'allarme venuto dalle elezioni più recenti sembra offrire più di un argomento a questa candidatura: sembra sottolineare la necessità di dare segnali concreti ad un nord sempre più lontano dall'Ulivo. C'è solo da chiedersi se Bersani possa svolgere meglio questo ruolo come segretario del Partito democratico o con una maggiore assunzione di compiti di governo, e non è una domanda da poco. Un elemento di novità potrebbe esser introdotto anche dalla candidatura di Anna Finocchiaro, che ha dimostrato sin qui competenza ed equilibrio e che potrebbe rappresentare un segnale ulteriore, un'apertura a modalità diverse della politica. I sondaggi, comunque, danno in forte vantaggio la candidatura del sindaco di Roma e non è difficile coglierne le ragioni.


A Roma Veltroni non ha solo dimostrato di saper governare una città difficilissima, guastata in profondità dal malgoverno degli anni cinquanta e sessanta: e a quei guasti le «giunte rosse» varate dalla metà degli anni settanta avevano saputo rimediare solo in parte. Veltroni, continuando in questo il lavoro di Rutelli, ha avviato un reale progetto-Roma e ha ridato orgoglio civico a una città che aveva perso fiducia in se stessa (ed era bistrattata dal resto del paese). Fra le diverse candidature la sua rimanda in modo più esplicito ad un' «anima» del futuro partito fatta di cultura e perfino di sogni: anche qui stanno probabilmente le ragioni del credito che sembra godere nei sondaggi. Veltroni è anche uno dei leader che più hanno creduto nel Partito democratico ma questo probabilmente non basterebbe: fra essi vi è senza dubbio anche Arturo Parisi, che non riscuote però grandi favori.


La fase dei sondaggi, comunque, è finita: è il momento che i candidati scendano in campo, permettendo un confronto sereno fra diverse opzioni. Un confronto che torni - almeno per una volta, almeno per un momento - nelle mani degli elettori. Senza compromessi e al tempo stesso senza asprezze. Se sarà così, dopo la consultazione popolare non avremo dei «candidati sconfitti». Avremo, semplicemente, la possibile speranza di un partito nuovo.

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