Il perito sull’amianto: «Nesso di causalità»

C’è un «nesso di causalità» fra l’esposizione all’amianto in ambienti di lavoro e le gravi patologie che hanno portato alla morte degli otto lavoratori per anni dipendenti in servizio in Fmsa e Gmt. «Tutto il rischio» è collegato all’esposizione avvenuta alla Fabbrica Macchine Sant’Andrea e in Grandi Motori Trieste e in due casi pure, precedentemente, in altri luoghi di lavoro. L’ha affermato ieri pomeriggio, illustrando gli esiti della consulenza affidatagli dal pm Matteo Tripani, il medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, durante l’udienza del processo che vede accusati a vario titolo di omicidio colposo plurimo e di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro tre ex dirigenti e manager Gmt: Manlio Lippi, dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato della società; Enrico Bocchini, presidente del cda di Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella stessa (operazione avvenuta nel 1984); e Corrado Antonini, dal 1984 ai vertici di Fincantieri come direttore generale e ad, e dal 1994 nel ruolo di presidente.
Il pm Tripani accusa i tre imputati di non aver adottato, nel periodo fra il 1971 e il 2001 all’interno dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra, tutte le misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare l’utilizzo di mascherine con appositi filtri, la sistemazione dell’amianto in ambienti separati e la dotazione di impianti fissi e mobili per l’aspirazione. La morte degli otto lavoratori è avvenuta per mesotelioma pleurico, tumore che ha un periodo di latenza molto lungo. Secondo il pubblico ministero la malattia sarebbe derivata dall’esposizione all’amianto nello stabilimento. In ognuno degli otto lavoratori - come confermato anche dagli esami autoptici - è stata accertata pure «l’asbestosi», indicativa di «una significativa esposizione»: aspetto che lo stesso Barbieri ha rilevato in aula. «L’esposizione è sempre stata di tipo lavorativo - ha aggiunto -, per tutti in Fmsa e Gmt. E in due casi con una certa esposizione anche precedente (in altre sedi di imprese differenti, ndr)».
L’esperto bresciano ha inoltre messo in evidenza come una serie di misure di prevenzione su igiene e presenza di polveri fossero contenute già in norme del 1953 e certi rischi risultassero noti da prima ancora, aggiungendo inoltre: «I presidi non adottati, se lo fossero stati avrebbero ridotto i rischi da esposizione. A partire dalla sostituzione dell’amianto con altri materiali». E con i rischi sarebbero state ridotte anche «le probabilità di insorgenza di malattie conseguenti». Prossima udienza il 2 luglio. (m.u.)
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