Illy e anti-Illy: scenari aperti

Verso le elezioni regionali del 2008
Rassegniamoci: sarà una campagna elettorale lunga un anno. Tanto ci separa ancora dalle consultazioni regionali della prossima primavera. Tanto sarà occupato giorno dopo giorno dal toto-candidati, dalle manovre che precederanno il voto, dall'esegesi dei "segnali" veri o presunti in cui il Palazzo crederà di scorgere gli orientamenti dell'elettorato; orientamenti destinati in realtà a sedimentarsi solo nella prossima primavera, e solo davanti al nome e al volto dei candidati alla presidenza della Regione. In Italia va così da sempre: se proprio non ci sono campagne elettorali, le costruiamo con ampio anticipo prefigurandone tutti gli scenari possibili.


È che stavolta gli scenari sono quanto mai aperti, il che aggiunge pepe a pepe. Il quadro sembra più delineato nel centrosinistra, dove - a dispetto delle fibrillazioni in atto e della sconfitta alle amministrative - non si vedono alternative serie alla ricandidatura di Riccardo Illy. La posizione del governatore è fuori portata: per quanto indigesta alla sinistra radicale, per quanto poco compatibile con le alchimie procedurali, i bizantinismi, le mediazioni certosine a cui la politica soggiace da che mondo è mondo, la sua candidatura è oggi l'unica in grado di garantire autorevolezza di leadership, chiarezza di programma e una presa sull'elettorato che superi i confini del centrosinistra, presupposto essenziale per una vittoria dell'Unione il prossimo anno. E che egli sia in caccia d'un pretesto per abbandonare la tenzone vista la malaparata elettorale nazionale, può crederlo solo chi non lo conosce neanche un po'.


Il centrodestra vive oggi una situazione opposta: una solidità politica e una coesione di coalizione molto maggiore, ma un'incertezza sulla figura del candidato che sta già debordando in lacerazione. Tondo, Strassoldo, Cainero: i nomi emersi in successione sono le prime avvisaglie di una babele interna che, se non arrestata per tempo, farà rischiare seriamente alla Casa delle libertà la riedizione del 2003, con un disordine sparso che condusse a una batosta clamorosa finanche nelle proporzioni. Quel che sta accadendo non dove stupire ed è forse persino inevitabile. Per convogliare il consenso elettorale (indiscutibilmente maggioritario) su una persona da contrapporre a Illy, il centrodestra è chiamato a una difficile formula chimica fra tre componenti che stanno proprio nei nomi finora proposti: appartenenza politica che esprima buonsenso sociale contro efficienza tecnocratica (ed ecco Renzo Tondo), radicamento territoriale che chiami a raccolta la patria friulana demograficamente maggioritaria contro la triestinità (ed ecco Marzio Strassoldo), personaggio nuovo ma conosciuto (cosa meglio dello sport?) che si raffronti al presidente leader riconosciuto (ed ecco Enzo Cainero). La difficile quadratura del cerchio sta nell'individuare chi meglio ricomprenda queste tre componenti, tutte essenziali, rispettivamente senza apparire "già visto" e pur ingiustamente scartato (Tondo), senza spaccare la regione in un referendum pro o contro il Friuli (Strassoldo), senza apparire "di meno" nel raffronto diretto (Cainero). La Casa delle libertà ha poi un'esigenza ulteriore. Per quanto importante sia il candidato, si vince anche con un programma comunicabile e convincente, istanza più complessa di quel che sembra, essendo le Regioni più distanti dalla percezione del cittadino di quanto siano i Comuni e rispettivamente Parlamento e governo. L'Unione con Illy avrà l'Euroregione come baricentro della proposta. Il centrodestra avrà i temi politici nazionali, che saranno molto ma non tutto; e dovrà impiegare le proprie intelligenze, senza logorarle tutte nella scelta del candidato, nell'individuare uno o due temi programmatici forti, di svolta e di chiara comprensione dell'elettorato.


C'è forse un solo evento che potrebbe mandare tutto a carte quarantotto, scombinando completamente gli scenari: una crisi di governo di qui ai prossimi dodici mesi, che conduca a un nuovo esecutivo di transizione verso il voto anticipato, guidato da un Amato o un Marini, e dal profilo più tecnico che politico. In tal caso Illy sarebbe una delle risorse nuove che il centrosinistra potrebbe mettere in campo per un dicastero autorevole, il che proietterebbe lui definitivamente in uno scenario nazionale, e il quadro regionale in una situazione del tutto diversa. Ma per ora è fantapolitica, e il ragionamento può valere pure al contrario. Di candidati ministeriali il centrosinistra ne trova quanti ne vuole, e pure più ossequiosi. Di candidati che vincano in Friuli Venezia Giulia, no. E il paradosso potrebbe legare Illy alla sedia che occupa, prigioniero del suo stesso consenso.
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