Indennità di malattia fantasma Protesta dei marittimi all’Inps

Almeno 200 lavoratori a Trieste alla prese con ritardi nell’erogazione dell’assegno I sindacati: «Molti evitano persino di curarsi per non trovarsi tagliato lo stipendio»
Lasorte Trieste 17/09/19 - Via S.Anastasio, Sede INPS, Protesta Marittimi
Lasorte Trieste 17/09/19 - Via S.Anastasio, Sede INPS, Protesta Marittimi



Marittimi di ogni tipo si sono riuniti ieri mattina davanti alla sede Inps di via Sant’Anastasio per protestare contro i ritardi nell’erogazione delle indennità di malattia. Un problema che riguarda almeno 200 lavoratori a Trieste. Le segreterie provinciali di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl l’hanno denunciato, sempre ieri, in una lettera inviata al presidente dell’Inps Pasquale Tridico: «Stiamo assistendo a un’involuzione nella salute e nella sicurezza dei lavoratori».

In cosa consiste il problema? Storicamente l’ente previdenziale di riferimento della categoria era la Cassa marittima, seguita poi dall’Ipsema, altro istituto di categoria. Quest’ultima è confluita nell’Inps nel 2014, e da allora sono iniziati i problemi. I marittimi, infatti, in caso di malattia o di infortunio non sono coperti attraverso il datore di lavoro, ma devono rivolgersi direttamente alla cassa. Da quando questa è Inps, si verificano ritardi anche di mesi. Il risultato è che molti lavoratori rinunciano a mettersi in malattia pur di non dover fronteggiare difficoltà economiche.

Ecco perché i marittimi, che stanno preparando una raccolta di firme e una diffida legale, hanno mandato una delegazione davanti alla sede Inps con tanto di striscioni. Riccardo Segarich, comandante e veterano dei rimorchiatori di Tripmare, è tra le anime della protesta. Spiega: «Una volta i marittimi erano la spina dorsale di Trieste. Ora sono sempre meno e i ritardi nelle indennità, fondamentali per la nostra categoria, sono un segnale brutto dei tempi che viviamo». Aggiunge ancora Segarich: «Noi marittimi abbiamo sempre garantito un alto livello di sicurezza al porto. Ma ora, con i volumi di lavoro in aumento a causa della crescita dello scalo, siamo sottoposti a una forte pressione». Un quadro nel quale la difficoltà nel mettersi in malattia o infortunio costituisce un aggravio rilevante.

Scrivono i sindacati nella lettera: «Sempre più marittimi che necessitano di assistenza medica evitano di sbarcare e di rimanere a casa per curarsi sapendo molto bene che così facendo non verrebbero pagati per molti e molti mesi, facendo divenire la loro vita, già in difficoltà a causa di una malattia non certamente auspicata, una vera e propria incognita di autosufficienza economica, tale da vedersi spesso costretti a dover chiedere del denaro a prestito a parenti, amici, se non a banche, finanziarie o nei casi peggiori agli strozzini, il tutto solo per poter far fronte alle normali spese di una famiglia, in quanto le rate, le bollette e gli alimentari non possono aspettare svariati mesi per essere saldati».

I sindacati ricordano poi un incontro svoltosi a Trieste nell’aprile 2016, alla presenza del direttore provinciale Franco Russo e della responsabile dei marittimi Alessandra Bolis: «Avevamo ben esposto le criticità del sistema oltre alla poca informazione disponibile sulle nuove modalità di presentazione dei documenti - scrivono le sigle -. Ci era stato risposto che i problemi erano molteplici, che i controlli delle pratiche erano aumentati e che loro, nel caso di documentazione corretta, erogavano l’indennità prevista entro 30-40 giorni, purtroppo viste le crescenti e documentabili lamentele presentateci dai lavoratori questo non avviene per la quasi totalità dei casi. Evidentemente i più di tre anni non sono stati sufficienti a mettere a punto la gestione delle indennità dei marittimi». —



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