Innamorata dell'ergastolano Console: «Ma mi tiene lontana»

«Ma io ho bisogno di lui» dice Martina Neri. «Giuseppe mi ha visto crollare e vuole tutelarmi, io però da un anno vivevo per quei colloqui dietro le sbarre»

Non è stata solo la madre nei mesi scorsi a far visita in carcere a Giuseppe Console. A stringergli la mano, a stargli vicino c’è anche Martina Neri. Scrittrice triestina, 30 anni, capelli biondi e volto etereo, lei per quel giovane ha perso testa e cuore. E sapere che lui con le sue mani ha torturato e ucciso Giovanni Novacco non le fa paura. Ma quel rapporto iniziato oltre un anno fa l’ha consumata. È dimagrita, ha pianto anche davanti a lui durante uno dei colloqui. «Giuseppe si sente responsabile del mio malessere – racconta Martina - per questo da un po’ mi tiene lontana. Ma a me manca, ho bisogno di lui e della vitalità che mi regala. Tra noi c’è stata fin da subito un’empatia che non ho mai provato prima. Per lui ci sono e ci sarò sempre, lui lo sa. Sono pronta a stargli vicino in questo difficile percorso».

Quello che agli occhi della gente è un “mostro”, e oggi - al termine del processo di primo grado - un ergastolano, per lei è un ragazzo «dolcissimo, che con me ha abbassato le difese e non ha mai fatto il bullo o l’arrogante. L’uno accanto all’altro siamo come due bambini, vulnerabili».

La passione della scrittrice per Console è nata leggendo i giornali. La storia di “Beppe de Roian” che ha dettato legge nel rione fino a commettere uno dei delitti più efferati che Trieste ricordi l’ha attratta. Ha iniziato a scrivergli mentre lui stava in cella a Gorizia. Una fitta corrispondenza, e un forte legame che Martina ha stretto anche con la madre di Console. «Con lei mi sento al telefono, mi sta molto vicino – dice la giovane – mi dà forza e mi riempie di affetto. È l’unica che condivide con me l’amore per Giuseppe».

Lo scambio di lettere tra i due è rimasto celato per poco. Entrambi sapevano che quelle pagine in uscita e in entrata dal carcere venivano lette dagli inquirenti. La Procura lo scorso anno ha autorizzato gli incontri tra Giuseppe e Martina. Poi qualcuno ha deciso di rendere pubblico quel loro rapporto e di darne notizia ai media. «Nessuno dica che mi sono avvicinata a lui per farmi pubblicità – dichiara Martina perentoria – se qualcuno non avesse raccontato ai giornalisti delle nostre lettere non avremmo mai fatto parola di noi».

Neri di recente ha pubblicato un nuovo libro, “Love forever”, presentato alla libreria Borsatti. Presentazione alla quale ha assistito in un angolo, in silenzio, anche la madre di Console. «Sono andata a trovare Giuseppe a Gorizia, anche assieme a sua madre – ricorda Martina – abbiamo lasciato il fatto di cronaca fuori da quella stanza, lontano da quel divanetto dove eravamo seduti l’uno accanto all’altro. Solo qualche volta abbiamo sfiorato l’argomento». E invece per tutti e due erano attimi di evasione, di tenerezze. Una tenerezza che ai più non potrà mai avere a che fare con Console. Impossibile cancellare l’orrore di cui è responsabile. Eppure c’è invece chi riesce a guardare oltre e vedere quelle mani che hanno ucciso come mani da accarezzare. «Non mi permetterei mai di minimizzare quanto ha fatto – dice Martina – rispetto il dolore della famiglia Novacco, ma voglio bene a Giuseppe. Non faccio la crocerossina – continua – ma penso che se la società punta a riabilitare e reinserire una persona che ha commesso un delitto, non può privarla degli affetti e del contatto umano».

La ragazza racconta della tristezza di Console quando è stato deciso di interporre tra loro un tavolo. Non più sul divano ma da una parte e dall’altra di un tavolino. «Per una questione di sicurezza – dichiara la ragazza – lui non andava poi più in parlatorio assieme agli altri e ci vedevamo in una stanza da soli. Naturalmente con un agente, microfoni e telecamere».

I genitori e gli amici di Martina non condividono questa sua scelta «ma io dico loro che dovrebbero cercare di capire: sono sempre stata una persona selettiva e non mi hanno mai visto innamorata di un uomo come mi accade con Giuseppe». Dal carcere di Gorizia dove «i secondini – riferisce la giovane – quando lui mi incontrava gli gridavano “Console, Console 2040” alludendo agli anni che avrebbe dovuto passare in carcere», e da dove il ragazzo oggi condannato all’ergastolo ha tentato l’evasione picchiando un agente, Console è stato poi trasferito a Trieste. E Martina è andata a trovarlo anche al Coroneo. «Lì a stringere un minimo di rapporto con lui è stato Gherardo Deganutti – dice Martina – colui che io definisco il mio “tutor–writer” e con cui ho un rapporto di amicizia da anni».

Ora Console è stato trasferito nel penitenziario di massima sicurezza di Tolmezzo. Da un po’ non scrive a Martina. «Si è spaventato per avermi vista crollare emotivamente e fisicamente – valuta la ragazza – ha deciso di tenermi lontana da questa storia per tutelarmi. Sua madre mi invita ad andare a trovarlo – conclude la giovane - ma io voglio che sia lui a dirmi se mi vuole ancora vedere. Mi manca, non mi do pace - ripete - vivevo per quell’ora alla settimana con lui ma non voglio nemmeno sottrarre occasioni di visita alla madre».

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