LA DEBOLEZZA DI PRODI
Ogniqualvolta il centrodestra ha imposto una prova di forza al Senato, dove la maggioranza di governo è numericamente più vulnerabile, ha perso. L’unica crisetta del centrosinistra, che ha portato a metà febbraio al rinvio, proprio al Senato, del governo Prodi, è venuta dal dissenso di due senatori del centrosinistra. Queste constatazioni non dovrebbero rassicurare né il centrosinistra, che nelle situazioni di emergenza se la cava, ma fa fatica a governare la quotidianità, né il centrodestra che non riesce a fare breccia nel centrosinistra, neppure quando non tutti i senatori a vita sono presenti. Addirittura, il centrodestra, invece di conquistare qualche dissenziente del centrosinistra, ha già visto la fuoriuscita dai suoi ranghi del senatore Follini. Quanto più il centrodestra proclama la prova di forza e la strombazza tanto meglio il centrosinistra ha successo nel ricompattarsi, almeno nel voto.
Ma il ricompattamento in condizioni difficili, di fronte alla aggressione del centrodestra, pur legittima, anche se qualche volta toni e modi non appaiono proprio consoni ad uno schieramento che fa appello agli elettori "moderati", non significa crescita di capacità di governo e non contribuisce alla sua efficacia. Un governo, come quello di Prodi, la cui leadership è oramai variamente, seppure sommessamente, criticata e insidiata, non sembra in grado di programmare il suo futuro né di progettare riforme, alcune delle quali, come quella delle pensioni, assolutamente non procrastinabili. Le richieste di elezioni anticipate che il centrodestra formula periodicamente sono, come ha detto in maniera chiara e perentoria il Presidente della Repubblica, irricevibili. Se il governo non subisce visibili sconfitte, in Parlamento e non nelle elezioni amministrative, ora ai ballottaggi, non può essere sostituito né il Parlamento può essere sciolto.
Comunque, qualsiasi ritorno alle urne deve avvenire dopo che sarà stata approvata una legge elettorale decente. Non è difficile fare meglio della legge vigente, ma finché ciascuno dei partiti persegue unicamente i suoi interessi particolaristici e il capo del governo annuncia che la legge si farà soltanto con un largo consenso, il nulla di fatto/nulla di fattibile è l’esito più scontato. È anche l’esito più pericoloso se la crisi arrivasse improvvisamente. A differenza del 1998, Prodi non può essere sostituito dal centrosinistra, anche se il suo logoramento è visibile, perché le primarie del 2005 gli hanno dato maggiore legittimazione. L’eventuale accelerazione nella costruzione del Partito democratico provocherà altre tensioni con l’elezione di un segretario organizzativo che, inevitabilmente, reclamerà per sè potere politico.
Debole capo del governo, non capo del partito che ha insistentemente voluto, se Prodi non si inventa qualcosa di straordinario, è diffficile sfuggire alla triste presa d’atto che siamo arrivati al crepuscolo di una tormentata avventura politica e governativa, per di più con l’eredità lasciata ad un’opposizione che non ha nessun titolo politico e programmatico per meritarla.
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