La mini task force contro i finti malati

Sono molto larghe le maglie dei controlli sulle assenze dei lavoratori per malattia per cui è sembrato non privo di senso l’annuncio del presidente Inps Tito Boeri di una prossima stretta antifurbetti. La reperibilità dovrebbe essere estesa a sette ore anche per i dipendenti privati come già oggi succede per quelli pubblici, mentre anche per questi ultimi potrà essere lo stesso Istituto, oltre che l’Azienda sanitaria, a disporre la visita fiscale.
«Sa quante visite fiscali ho fatto in gennaio? Otto, non una di più». A parlare è Cosimo Quaranta, uno dei sei medici che, con un contratto a tempo indeterminato da liberi professionisti, effettuano le visite ai dipendenti privati su indicazione della direzione provinciale dell’Inps. «Sarebbe sbagliato pensare - specifica Quaranta - che il numero approssimativo delle visite complessivamente effettuate il mese scorso si possa ottenere moltiplicando per sei, quanti siamo, il numero di otto, cioé le mie visite. Gli incarichi vengono infatti affidati prioritariamente ai colleghi che svolgevano già questo servizio prima del dicembre 2007 e che sono quattro su sei. Il numero complessivo comunque rimane basso. Se prendiamo come numero base 100 riferendoci ai controlli effettuati un tempo, questo numero è crollato di dieci volte nel 2013 allorché per la “spending review” l’Inps cancellò tutte le visite disposte di propria iniziativa (rimasero solo quelle richieste dal datore stesso di lavoro), adesso con il riassettamento dell’istituto, sono leggermente risalite e sono più o meno un quarto di quelle di cinque anni fa. Per essere ancora più chiari, se prima nel 2013 le visite fiscali mensili di ogni medico erano 80-90, oggi non superano pressoché mai le 20».
Poche visite dunque e di conseguenza ben pochi “furbetti”, cioé finti ammalati pizzicati. Anche se non si tratta di campioni rappresentativi, le proporzioni possono forse assumere un valore. «Sono meno di uno su dieci gli ammalati che non si fanno trovare a casa - spiega il medico - e meno di uno su venti, cioé il 5%, gli ammalati che non sono ammalati». La visita fiscale è stata sempre vissuta male da parte di chi la subisce, ultimamente la loro scarsa frequenza ha ingenerato una certa tranquillità da parte dei dipendenti che anche in questo periodo, in un certo numero sono a letto con l’influenza. Alcuni addirittura si meravigliano che l’Inps d’ufficio possa inviare la visita a domicilio, senza sollecito da parte del datore di lavoro.
Un tempo i controlli venivano effettuati a pioggia, oggi l’Inps usa il “data mining” una forma di valutazione caso per caso che in base ai certificati del medico di famiglia e ad altri dati dovrebbe evidenziare la necessità di far effettuare la visita a domicilio. «Di prima mattina e nel primo pomeriggio - racconta Quaranta spiegando come praticamente si dispiega il servizio - l’Inps ci comunica via computer gli eventuali indirizzi dove dobbiamo recarci tra le 10 e le 12 e tra le 17 e le 19. Le tariffe sono ferme da anni: 45 euro a visite più la benzina per i percorsi fuori centrocittà».
«Eravamo in nove, ma tre colleghi hanno abbandonato strada facendo - specifica il medico - per me un incremento dell’attività andrebbe bene, ma bisognerebbe riaprire il discorso delle tariffe. Già aumentare a sette le ore di reperibilità anche per i dipendenti del settore privato significherebbe un raddoppio dell’orario per gli stessi medici. Per questo le notizie trapelate e gli annunci di Boeri per ora le considero proclami. Ho letto anche che questa stretta sarà finanziata con 27-28 milioni di euro, ma nessuno sa per ora come questi soldi verrebbero effettivamente impiegati, se per una serie di attività o per la stabilizzazione dei medici stessi». (s.m.)
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