LA NEBBIA CHE STIAMO ATTRAVERSANDO

Nebbia, nebbia fitta: uno ci finisce dentro e dopo qualche istante - vi sarà forse capitato - tutto assume un carattere irreale, i contorni noti prendono fattezze sconosciute, ciò che era famigliare diventa estraneo, anche i rumori - nella diminuzione di visibilità - sembrano arrivare più assopiti. Ecco ho la sensazione che il Paese sia entrato in un banco di nebbia, che tutto stia diventando opaco e che in ogni profilo che individuiamo si nasconda un nemico o un potenziale traditore. Quando è così ognuno finisce per agire come se fosse l'unico padrone delle proprie azioni e queste non avessero conseguenza alcuna sull'interesse generale: conta solo salvarsi, sé stessi e la propria tribù.


Non ha importanza da dove origini questo sentimento, investe tutti, anche la cosiddetta gente comune. C'è un blog consultabile sul sito del Piccolo, vi si parla di Speciale, (quello diventato famoso per il celeberrimo ”sempre agli ordini”) e la domanda è semplice: il generale è buono o cattivo? Un tizio si mette a difenderlo con animosità, un altro prontamente gli risponde «stai zitto tu e paga le tasse». Al che il primo senza un attimo di esitazione replica, «zitto tu, che io le tasse le pago e sono un lavoratore dipendente del settore privato non un parassita» (lasciando intendere che chi è nel settore pubblico è un parassita). Cosi la discussione politica diventa, non luogo del confronto, dello scambio, della contrapposizione per arrivare a una possibile composizione, ma semplicemente teatro dello scontro, dell'orgogliosa rivendicazione della ”parte”, che degenera rapidamente nell'insulto antroposociale: insultiamo un tipo, in base alla sua appartenenza lo carichiamo di tutte le possibili nefandezze e naturalmente generalizziamo. Così fra i ”non professionisti”. Fra i professionisti è anche peggio.


È di qualche settimana fa l'alto monito di Montezemolo capo degli imprenditori italiani nei confronti della politica, un lungo lunghissimo (e per molti versi corretto) elenco di insufficienze e carenze, senza tuttavia alcun accenno autocritico, senza un solo timidissimo e sfuggente sguardo in casa propria, quella casa che ha ospitato Parmalat, Telecom, etc. Sull'altro versante quello sindacale in modo analogo scivola Epifani: vengono messe in galera un certo numero di persone con l'accusa di ricostituzione delle Br e un buon numero di queste risultano iscritte alla Cgil. Da destra partono ovvie insinuazioni a cui ci sono mille modi per rispondere, ma Epifani sa solo dire: «non accettiamo lezioni da nessuno» riecheggiando il tragicamente profetico «non ci faremo processare nelle piazze» di Aldo Moro.


Se passiamo ai rappresentanti politici nazionali, la torsione difensiva è anche più eloquente: il Corriere della Sera apre una campagna sulle variegate distorsioni del mondo della politica. Ben presto ciò trova riscontro in vasti settori dell'opinione pubblica andando a formare l'idea che ciò che la politica produce sia insufficiente alle esigenze del Paese. I politici nazionali curiosamente definiscono tutto ciò ondata antipolitica, mentre è esattamente il contrario, è la domanda di una miglior politica. Al trentunesimo o trentaduesimo morto di Camorra a Napoli, Rosa Russo Jervolino trova il tempo per dichiarare «Sono veramente indignata del modo nel quale, strumentalmente, certa stampa tratta Napoli».


E così, come un transatlantico rovesciato su un fianco, affonda il senso di un interesse generale del Paese e di un'idea guida che l'accompagni: ciascuno si ritira nella propria trincea, di ceto, di tribù, di categoria, di territorio o di corporazione e da lì alza la voce, ammonisce, si indigna e comunque sempre si chiama fuori: 'non accettiamo lezioni'! E in questo clima riparte il più terribile dei vizi italiani: non importa cosa si deve fare, conta con chi lo si fa. Contano l'appartenenza, il familismo, il clan, la corporazione e, a destra come a sinistra, l'identità. La capacità di assemblare queste cose e di tirarne fuori un progetto politico al servizio degli interessi particolari e dei propri è stata la ragione del successo berlusconiano. L'incapacità di combatterle sarà invece la tomba di questo centrosinistra. Insomma nebbia fitta!

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