L’accoltellatore poteva uccidere

I fendenti inferti al trentenne S. C., aggredito e accoltellato il 21 maggio scorso da A. A., erano tali che potevano causare la morte.
È questa la conclusione a cui è giunto il professor Carlo Moreschi, consulente del sostituto procuratore della Repubblica Michele Martorelli, che coordina l’indagine. Una perizia che fa parte della documentazione inviata dalla Procura al Tribunale del riesame, che ieri ha esaminato il ricorso presentato dall’avvocato Massimo Bruno che ha chiesto la revoca della custodia cautelare nei confronti di A. A. o in subordine una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari. Fino a ieri sera non si conosceva ancora l’esito dei giudici del tribunale triestino. A.A., 31 anni, si trova ancora ristretto nella casa circondariale di via Barzellini a Gorizia indagato di tentato omicidio.
È stato invece dimesso dall’ospedale San Polo ed è tornato a casa S. C.. Le sue condizioni sono migliorate, anche se risente ancora dei postumi dell’operazione chirurgica a cui è stato sottoposto per le lesioni riportate al fegato e allo stomaco e provocate dalle coltellate ricevute. Il giovane come parte offesa è assistito dall’avvocato Sascha Kristancic.
L’indagine è condotta dai carabinieri della Compagnia di Monfalcone che devono fare completamente in luce su quanto avvenuto la sera di martedì 21 maggio in via della Resistenza e delle motivazioni che hanno portato A. A. ad afferrare il coltello e a colpire più volte S.C..
A scatenare l’aggressione pare siano stati futili motivi legati a dissapori familiari. I due protagonisti si conoscevano e fino a non molto tempo fa si frequentavano; poi il rapporto di amicizia si è logorato fino a rompersi definitivamente.
L’aggressione è avvenuta dinanzi alla casa di A. A. in via della Resistenza. S.C., secondo la testimonianza resa dalla moglie ai carabinieri, si era fermato con l’auto - all’interno oltre alla moglie c’erano i tre figli minori - per parlare con un conoscente. È stato notato da A. A. che è sceso in strada con il coltello in mano.
Secondo il racconto fornito dalla donna l’uomo ha prima colpito con un calcio la portiera dell’auto. S. C. allora è uscito dalla vettura per chiedere spiegazioni. «È stata una questione di pochi secondi - il racconto della donna - Mio marito è stato colpito più volte alla testa con un pugno di ferro, il sangue gli colava sul volto. Quindi sono seguite le coltellate all’addome. Ho cercato di mettere fine a quello scontro. Ho cercato di tirare mio marito per la giacca, ma è stato inutile. Anch’io ho rischiato di venir colpita dai fendenti».
Poi i soccorsi. La corsa dell’ambulanza all’ospedale di San Polo e l’intervento chirurgico per tamponare quelle lecerazioni causate dalla lunga lama del coltello. A. A. si è consegnato spontaneamente ai carabinieri, ma questo non gli ha impedito il fermo e poi la custodia cautelare in carcere decisa dal giudice delle indagini preliminari Massimiliano Rainieri su richiesta del pm Martorelli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo








