L’AMBIENTE E LE SCELTE DEBOLI DEL FVG
Tutti i nodi venuti al pettine della debole o quasi assente politica ambientale regionale, che ormai in molti hanno avuto modo di commentare più o meno autorevolmente, possono, anzi devono, costituire l'occasione per un esame non superficiale delle cause che in diversa misura stanno all'origine di una tale situazione. Fra le ragioni di natura strutturale, pare del tutto rilevante considerare il problema della competenza e adeguatezza tecnico-scientifica dei vari uffici cui è affidato il delicato compito di istruire le varie pratiche nell'ambito dei procedimenti in materia ambientale.
Un certo sconcerto e molti interrogativi sono infatti scaturiti nell'opinione pubblica dall'andirivieni di pareri, perizie e deliberazioni, rilasciate e riformulate in tempi e modi che lasciano trasparire dei margini di incertezza superiori a quelli normalmente insiti in ogni procedimento tecnico-scientifico. Lo stesso apparato politico ha manifestato una certa insofferenza. Ciò in quanto si è trovato a dover decidere in base a pareri tecnico-scientifici talvolta contraddittori o perlomeno di interpretazione non univoca, ovvero di rinvio a successivi esami e analisi, o ancora decisamente reticenti su determinate materie, o infine carenti per taluni aspetti non adeguatamente esaminati.
Peraltro, anche con riferimento alla creazione di numerosi uffici, enti e agenzie che in modo spesso disorganico si occupano di ambiente sul territorio, viene da chiedersi se queste scelte organizzative siano frutto di una precisa volontà, ovvero del tutto casuali. Sebbene perduri da lunghissimo tempo l'esigenza di riorganizzazione della pubblica amministrazione, che in modo grossolano viene riassunta dal termine "sburocratizzazione", è evidente che una funzione assolutamente non riducibile è proprio quella di controllo, tutela e regolazione degli interessi di tutta la collettività,che solamente la pubblica amministrazione non solo può, ma deve garantire. Non è insomma delegabile a nessun soggetto esterno, non è privatizzabile, l'azione e l'esercizio di responsabilità derivanti dall'adempimento di atti che comportano la verifica, l'analisi, l'approvazione o la negazione di autorizzazioni ad esercitare attività che incidono sul territorio, l'ambiente, la salute umana e l'equilibrio degli ecosistemi.
La logica conseguenza di un tale postulato vorrebbe che al crescere della complessità dei problemi tecnici e scientifici da affrontare vi fosse una corrispondente crescita delle necessarie competenze nella pubblica amministrazione, sia del livello regionale che degli enti locali. Al contrario, si assiste ad un costante decremento, sia della quantità che della qualità degli apparati tecnici, a fronte di sempre più nutriti uffici giuridico-amministrativi, costretti talvolta a svolgere anche azioni di supplenza in materie del tutto estranee alle loro specifiche competenze. Questa situazione ha origini lontane e generali nella scarsa cultura scientifica italiana, nella pluridecennale carenza di soggetti che affrontano studi tecnico-scientifici, fatto del quale ci si lamenta spesso in Italia, ma che vengono poi ulteriormente scoraggiati dalla difficoltà di trovare un'adeguata e dignitosa occupazione.
La Regione Friuli Venezia Giulia, ad esempio, ha offerto rarissime opportunità concorsuali a biologi, naturalisti, chimici, fisici, ingegneri ambientali, negando così a se stessa la possibilità di affrontare con le migliori competenze i problemi del territorio con cui quotidianamente si scontra. Specialmente in questi anni recenti, ci si è invece cullati nell'illusione che fosse sufficiente coltivare l'arte della comunicazione, importante senza alcun dubbio e in passato forse trascurata, ma che è del tutto inutile allorquando viene a mancare il contenuto sostanziale e ci si deve poi confrontare nel merito dei problemi.
Il secondo nodo da risolvere e che rimane esclusivamente nelle mani dei politici di ogni livello, ma in particolare dei responsabili regionali, riguarda i metodi di reclutamento e selezione dei funzionari tecnico-scientifici. Il sistema ormai invalso dell'affidamento delle responsabilità direttive e dirigenziali per cooptazione fiduciaria, con l'estensione alle strutture stabili del cosiddetto "spoilsystem", che dovrebbe essere invece esclusivamente limitato al ristretto "staff politico", si sta rivelando una scelta infelice, sia perché avvilisce la professionalità e la competenza, sia perché annichilisce il merito, lede il clima di leale cooperazione, e infine perché priva la pubblica amministrazione della indispensabile continuità basata anche sulla memoria storica dei problemi del territorio.
I pubblici amministratori invertano dunque al più presto la rotta, ricostruendo strutture tecniche e scientifiche interne dotate della massima competenza, indipendenza e permanenza, capaci di interloquire autorevolmente con i soggetti privati e pubblici coinvolti nei procedimenti ambientali e che vengano percepiti dalla pubblica opinione quale organo di assoluta garanzia quanto a trasparenza e autorevolezza. Una delle morali da trarre dalle recenti vicende ambientali e che sicuramente vale anche per le prossime venture, è che strutture organizzate sulla sola base del rapporto privilegiato con il referente politico sono raramente garanzia della risoluzione dei problemi e che, vista la complessità e trasversalità dei temi di natura ambientale, difficilmente un qualsiasi procedimento si può concludere senza il coinvolgimento di una pluralità di soggetti, cittadini in primis, ormai preparati e vigili come mai prima d'ora.
Per concludere, se è vero che molto spesso nel campo scientifico la verità è difficile da stabilire, al punto che per molti aspetti è necessario affidarsi al ben noto principio di precauzione, è però anche certo che per altri versi molte verità sono ben conosciute, in campo biologico, naturalistico, medico, ambientale in genere. Un assessore dell'attuale giunta regionale, refrattario ad ogni evidenza, per giustificare la linea di una presunta impossibilità di scelta, sostiene con fermezza che "nessuno ha la verità in tasca", e che dunque una tesi vale l'altra. Peccato che Galileo la verità in tasca ce l'aveva, ma che il mondo oscurantista che allora lo circondava, lo costrinse al silenzio e all'abiura: nel terzo millennio e nell'era della conoscenza si è autorizzati a sperare di meglio.
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