L’appello di Franco: «Cerco mia madre»

Il 43enne monfalconese è nato a Sacile, ma per oltre due anni ha vissuto in orfanotrofio a Udine
Di Tiziana Carpinelli
Bonaventura Monfalcone-31.01.2017 Franco Visintin-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-31.01.2017 Franco Visintin-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

C’è un figlio che non si dà pace. E, chissà in quale luogo, una mamma che ignora che lui la sta cercando. In fondo, la storia di Franco Tonzar, 43 anni, un impiego in un’azienda ronchese, sta tutta qui: nella ricerca di una vita. Per questo l’uomo ha mobilitato Facebook, scritto a trasmissioni televisive, si è rivolto ai giornalisti. Lo muove il desiderio, che si porta dietro da ragazzo, di conoscere le sue radici. Soprattutto di sapere chi l’ha partorito.

Franco Tonzar è nato prematuro, a sette mesi, all’ospedale civico di Sacile il 28 aprile del 1973. «Conosco anche l’ora precisa, le 14.24 - riferisce pensando che ogni dettaglio possa esser utile -: ero piccolo, pesavo appena 600 grammi». «Praticamente una struza de pan», aggiunge prendendo in prestito una colorita espressione dialettale. Per due anni e mezzo è rimasto in un orfanotrofio di Udine, gestito da suore dell’ordine della Divina Provvidenza dei fanciulli abbandonati. Un giorno una coppia di Monfalcone, Corrado e Vittoria Tonzar, ha bussato alla porta della struttura, col desiderio di avere il figlio che fino a quel momento non era arrivato. E in Franco, suo vero nome, l’hanno poi trovato. «Erano “anzianotti” per l’epoca, sulla quarantina - spiega -. E un anno e mezzo dopo ecco la sorpresa: l’arrivo di un altro figlio, stavolta naturale».

Tonzar sa di esser stato adottato dall’età di 5 anni. Un giorno il padre lo ha preso in disparte e gliel’ha detto, temendo lo scoprisse comunque, alla chiamata del servizio militare. «Ogni anno sotto Natale mi portava da madre Elena, la suora che all’orfanotrofio mi aveva preso sotto la sua ala protettrice - racconta il 43enne -, e insieme cercavamo di cavarle qualche parola sulla mia storia. Lei non raccontò mai nulla esplicitamente, perché aveva fatto la promessa di silenzio con il Tribunale e mai vi avrebbe trasgredito. Ma io penso che conoscesse la mia vicenda e a volte, parlando, ho avuto l’impressione che mia mamma biologica potesse essere una ragazza madre». Fosse così, oggi sarebbe sulla sessantina.

Nel frattempo le religiose hanno fatto fagotto da un pezzo. Si sono trasferite, coi loro archivi, a Piacenza. E l’orfanotrofio, a Udine, non esiste più. Anche madre Elena, sei anni fa, è venuta a mancare. «E con lei la possibilità di saperne qualcosa in più», sospira. «Dei miei genitori - prosegue Franco Tonzar - non posso davvero dire nulla di male: mi hanno fatto studiare, mi hanno voluto un gran bene, non mi hanno fatto mai mancare niente e per questo sono loro molto grato». Il papà è mancato più di dieci anni fa, la mamma è ancora viva e «comprende la voglia di sapere» del figlio. Che si professa devoto alla santa Teresa del Bambin Gesù dal volto santo, protettrice degli orfani, e ogni giorno prega perché lo aiuti nella sua ricerca.

«A volte mi pare di combattere contro i mulini a vento - risponde - perché la burocrazia mi impedisce di conoscere la verità. E in ogni caso, se mia madre avesse chiesto di rimanere anonima non potrei mai risalire alla sua identità, con alcun mezzo. Per questo mi sono deciso a ricorrere a Facebook, col gruppo “Sei di Sacile se”...Se qualcuno potesse aiutarmi, gliene sarei grato». «Io - continua - penso che mia mamma biologica sia viva. Non so perché, ma lo sento. Magari mi cerca pure lei».

Potesse riabbracciarla, cosa le direbbe? «Forse anche niente, perché penso che potrei essere emozionato, sicuramente l’abbraccerei forte», replica. In questi anni Tonzar ha vissuto serenamente il fatto d’esser stato adottato, «ma alcune volte, invece, ho pensato fosse quasi un marchio, come se mi mancasse un pezzo». «Vorrei semplicemente conoscere le mie origini - conclude -. Per esempio qualcuno dice che potrei essere di radici calabresi, perché mi piace il piccante e riesco a mangiare tranquillamente cibi molto saporiti...Chissà».

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