L’IRA FUNESTA DEL PREMIER

L’altro giorno, visibilmente infuriato, per non dire altro, causa l'esito delle elezioni amministrative, il presidente del Consiglio Prodi è uscito con una battuta assai rivelatrice del suo modo di intendere la politica. E poiché si dice che l'uomo rivela il profondo di se stesso quando è sotto stress (com'era visibilmente Prodi in quel momento), la sua battuta è da prendere terribilmente sul serio. Prodi ha detto: non sono venuto per raccogliere facili applausi o facili consensi, sono venuto a salvare l'Italia. Per inciso, già una volta, come ci ha spiegato De Felice, c'era un tale che voleva salvare gli italiani, purificarli da tutte le loro tare, costruire il nuovo italiano. Sappiamo tutti dove e come è andato a finire: a Piazzale Loreto. Per fortuna di Prodi da allora gli italiani e l'Italia sono cambiati. Sono, i nostri, tempi decisamente migliori. Oggi, se uno viene scalzato, magari senza complimenti, da palazzo Chigi, può tornarsene tranquillamente a casa sua.


Ma non è questo il punto. Fino ad ora riguardo al proprio impegno Prodi aveva usato espressioni assai meno impegnative: aveva detto di voler far ripartire l'Italia, farla uscire dal tunnel e cose del genere. Il termine che invece usa oggi, salvare, evoca la sostanza della cultura politica alla quale si è abbeverato l'attuale presidente del Consiglio: il dossettismo, la politica intesa come uno scontro fra bene e male, una cultura politca intrisa quindi di integralismo. Al riguardo sarebbe bene rileggersi don Primo Mazzolari e le sue polemiche degli anni Cinquanta contro l'integrismo (così lo si chiamava allora). È un prete che potrebbe insegnarci assai di più rispetto a un suo confratello che per alcuni è diventato e ancora è una sorta di icona, don Milani cioè. Sì, erano entrambi preti confinati in diocesi di campagna, ma uno faceva lo snob (tant'è che poi è diventato di moda) l'altro faceva semplicemente il parroco.


Ebbene, tornando alla concezione della politica come salvezza, mi chiedo cosa di laico ci sia in essa. La risposta è semplice: proprio niente. Allora mi faccio un'altra domanda: come mai gli attuali compagni di viaggio di Prodi, che si agitano e cominciano a gridare alla laicità offesa appena il Papa si affaccia dal balcone di piazza San Pietro ancor prima che egli apra bocca, riescono a convivere agevolmente con la concezione di politica propria del loro primo ministro. Misteri della fede, verrebbe da dire, della fede in Prodi ovviamente. In realtà dopo il contraccolpo delle ultime elezioni sembra che l'equivoco si stia sciogliendo, che cioè la ricomparsa del dossettismo sia sono temporanea. Per il bene di tutti, aggiungo. Della politica intesa come salvezza sembra che a pochi interessi per il semplice fatto che alle elezioni non porta i voti che si vorrebbe avere.


Parallelamente la fede in Prodi appare tutt'altro che incrollabile al punto che egli ha scandito il proprio avvertimento: muoia Sansone con tutti i Filistei. L'impressione è dunque che nei prossimi giorni il Presidente Napolitano, il quale forse stava già pensando alle vacanze estive assieme alla signora Clio, avrà parecchio lavoro da fare. Avrà ovviamente tutta la nostra solidarietà. A un patto però: che non si lasci indurre a replicare quanto già fece, con scarsissimo rispetto per le regole, un suo predecessore in uno scenario molto simile una decina di anni fa.

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