L’ombra del pretesto per non cedere beni a Roma
«Si tratta di una semplice delibera di indirizzo e non dispositiva, dal punto di vista amministrativo si è inteso confermare l’utilizzo degli immobili di proprietà dell’ente a fini istituzionali sia diretti che indiretti. La giunta camerale ha inteso votare una delibera che possa prevedere nel prossimo futuro, in caso di una effettiva necessità, pure la dismissione anche per la realizzazione dell’infrastruttura di sviluppo economico della città denominata Parco del mare». Dal Gabinetto di presidenza di piazza della Borsa, se da un lato si conferma l’orientamento della delibera dall’altro se ne sminuisce la portata. Dietro il documento del 12 giugno, secondo voci di corridoio, varrebbe la pena tentare di leggere pure una facciata non scritta, depositaria dei motivi autentici che avrebbero spinto il “governo” camerale a licenziare la delibera. La data, intanto, non sarebbe casuale. Il 13 giugno sarebbe dovuto arrivare (invece è tuttora in dirittura) il decreto del Governo sulla riforma della Pa, che tra le altre cose - stando alle anticipazioni - potrebbe introdurre un meccanismo di conferimento allo Stato del patrimonio delle camere di commercio nel caso in cui tale patrimonio non sia funzionale alle attività strettamente connesse alle finalità delle camere stesse. Ebbene: il Parco del mare, essendo un progetto già esistente e dall’obiettivo dichiarato dello sviluppo economico del territorio, potrebbe rappresentare il pretesto per trattenere due immobili che altrimenti rischierebbero di essere “espropriati”. Due immobili che, in realtà, potrebbero restare in casa lo stesso poiché rendono, appunto, con le locazioni. La Cciaa, a questo proposito, ha appena messo da parte 4 milioni per la ristrutturazione, imminente, della Borsa Vecchia, dove spunteranno nuovi negozi e appartamenti.(pi.ra.)
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