L’Ucraina a un passo dalla guerra

NEY YORK Lo scenario non cambia. Gli Stati Uniti dicono alla Russia che pagherà caro l’invasione dell’Ucraina, mentre Mosca smentisce lo scenario di un’offensiva militare. Un apparente nulla di fatto, quindi, è il risultato del colloquio telefonico di un’ora e nove minuti tra Joe Biden e Vladimir Putin che arriva all’indomani dell’allarme lanciato da Washington su un imminente attacco da parte della Russia. Ipotesi che si poggia su valutazioni di intelligence (si pensa alla data del 16 febbraio) e sul crescente potenziamento militare ordinato dal Cremlino sul suo fronte occidentale.
Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, il presidente è stato chiaro nell’asserire che «se la Russia intraprenderà un’ulteriore invasione dell’Ucraina, gli Stati Uniti, insieme ai nostri alleati e partner, risponderanno in modo deciso e imporranno costi rapidi e severi alla Russia». Biden ha ribadito inoltre che un’ulteriore invasione produrrebbe diffusa sofferenza umana e indebolirebbe la posizione della Russia. Da parte degli Usa rimane l’impegno a cercare una soluzione alla crisi sul piano diplomatico in pieno coordinamento con i nostri alleati e partner, ciò che invece «rimane poco chiaro» è se la Russia abbia la medesima intenzione o «voglia ricorrere alla forza». Ed è proprio per questo l’inquilino della Casa Bianca afferma: «siamo preparati ad altri scenari».
A rimandare al mittente le accuse di manifesta aggressività da parte di Mosca è il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov che nella telefonata preparatoria col segretario di Stato Antony Blinken, ha «negato che la Russia abbia intenzione di invadere l’Ucraina». Le accuse sui piani di invasione sono «speculazioni provocatorie», afferma lo stesso Putin nella telefonata di ieri con Emmanuel Macron, il quale in giornata si è sentito anche con Biden, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky, ribadendo a quest’ultimo il sostegno di Parigi «alla sovranità e all’integrità territoriale» ucraina e rendendo nuovamente omaggio al «sangue freddo» del suo presidente. Questo, comunque, ha detto che gli avvertimenti degli Usa su una possibile invasione «causano il panico». E il ministero degli Esteri di Kiev ha precisato che «al momento è cruciale restare calmi, uniti all’interno del Paese, evitare azioni destabilizzanti e che creino il panico».
La tensione però continua a salire: il Pentagono ha deciso di ritirare la quasi totalità dei soldati ancora presenti sul territorio ucraino. Inoltre, gli Usa hanno ordinato a quasi tutto lo staff dell’ambasciata a Kiev di lasciare subito il Paese, e da domani saranno sospesi tutti i servizi consolari nella capitale.
Resterà soltanto un piccolo contingente diplomatico nella città di Leopoli per «gestire le emergenze», come ha fatto sapere il dipartimento di Stato. Pure Mosca ha iniziato a ridurre il suo personale diplomatico «temendo possibili provocazioni da parte di Kiev o di paesi terzi». E si allunga la lista dei Paesi – tra cui Olanda, Spagna, Germania, Belgio – che invitano i cittadini a lasciare l’Ucraina. Intanto, oltre centomila soldati russi sono a ridosso dell’Ucraina, mentre migliaia di truppe americane sono state inviate nelle ultime settimane in Polonia e Romania.
Il Risiko marittimo vede invece la maxi-esercitazione militare lanciata da Mosca nel Mar Nero, in cui sono coinvolte 30 unità da Sebastopoli e Novorossijsk (anche in difesa della Crimea), mentre la portaerei Usa Harry Truman è in Adriatico per esercitazioni congiunte con gli Alleati. A creare tensioni è stato anche lo sconfinamento di un sottomarino classe Virginia in acque territoriali russe nel Pacifico.
Sul piano diplomatico, il passaggio che potrebbe rivelarsi determinante è il fallimento dei colloqui del “formato di Normandia”, (Francia, Germania, Russia e Ucraina) tenuto giovedì a Berlino che doveva discutere l’attuazione del Protocollo di Minsk, per la decentralizzazione del potere di Doneck e Lugansk. Secondo l’inviato russo, Dmitry Kozak, gli ucraini hanno fatto «fallire» il vertice, ripetendo lo schema del 2019 quando Zelensky ha dovuto fermare i colloqui dopo le minacce dei nazionalisti dall’ultradestra. Il confronto faceva parte dell’iniziativa diplomatica avviata da Macron nel doppio viaggio a Mosca e Kiev.
Fallito il tentativo di mediazione – è qui che scatterebbe il corto circuito – la Russia potrebbe valutare il riconoscimento unilaterale di Donetsk e Luhansk. La commissione presieduta dal deputato Leonid Kalashnikov ne discuterà martedì con l’obiettivo di garantire ai cittadini delle province ribelli del Donbass (ad alcuni dei quali è stato concesso il passaporto russo) protezione da aggressioni dell’esercito ucraino. In caso di parere positivo, la proposta sarà votata alla Duma proprio mercoledì 16 febbraio. —
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