Monfalcone, niente campo per i fan bengalesi del cricket

MONFALCONE In quest’epoca di ansie assortite, tirare un calcio al pallone può diventare catartico. Se però col football non si ha dimestichezza e il primo amore è il cricket, allora anche lo sport può diventare fonte di stress. Per chi cerca di praticarlo (e non vi riesce per carenza di strutture) e per chi se lo deve sorbire nella sua versione, diciamo così, amatoriale.
Capita nel rione Enel, dove allo sbucare del primo tepore primaverile si è riproposto il problema del cricket, principale disciplina sportiva nei paesi del Commonwealth, compreso il Bangladesh e dunque con un discreto seguito anche a Monfalcone, dove la comunità asiatica è massicciamente insediata. Una comitiva variabile tra i 30 e i 50 ragazzini, nei giorni scorsi, ha cercato di ricreare nel campetto di via Portorosega le condizioni ideali al match. Così una fetta rettangolare del parco, adibita a “pitch” o area di lancio, è stata diserbata da mano ignota - con del sale, parrebbe - e i giovanissimi hanno iniziato a darsi appuntamento lì.
Il comitato rionale si è subito messo in moto con l’amministrazione, memore anche delle vicissitudini dello scorso anno, per chiedere lumi. Non che abbia nulla contro il fatto che dei ragazzini giochino, sia chiaro. Ma intende rimarcare che il campo non può essere usato per una disciplina in cui la palla schizza a velocità notevole e può colpire in testa il primo malcapitato che sta a passeggio col cane.
Dopo la prima segnalazione è accaduto che un residente, sabato pomeriggio, davanti al nuovo assembramento di bici e ruspanti giocatori abbia chiamato i vigili. La Municipale, com’è suo dovere, si è recata sul posto e ha fatto la ramanzina ai ragazzi (perché «non si può danneggiare l’erba dei parchi pubblici», spiega il vicesindaco), chiarendo quali siano i comportamenti da tenersi se si vuole praticare uno sport all’aperto.
Morale della favola: il popolo del cricket è sciamato via. Pomeriggio risolto, per l’abitato. Ma problema in realtà rinviato solo ad altro giorno. Forse ad altro quartiere. Ché l’esigenza di lasciar praticare ai ragazzini il cricket, a quanto pare, è molto sentita nella comunità bengalese, da tempo sollecito nel chiedere una struttura idonea, dopo i primi passi mossi sul campo di via Cellottini e collaterali proteste dei residenti. Vuoi per l’esuberanza degli atleti vuoi per la ristrettezza di spazi a disposizione, infatti, la convivenza tra patiti di mazza e pallina e abitanti è diventata sempre più stentata. Anche perché, per esempio, qualcuno nel rione Enel non ha gradito che, per evitare il giro del campo nel recupero della pallina, si sia schiacciata una parte di recinzione. Altri hanno contestato il fatto che dopo lo svago all’aria aperta si siano abbandonate lattine e immondizia. Mentre i titolari di cane che portano nel prato vicino le bestiole a sgranchire le zampe hanno sollevato la questione dell’alta velocità della pallina (quella da tennis, anziché la sfera omologata, più pesante): nel caso in cui finisse addosso a qualcuno potrebbe arrecare danno.
Interpellato, così commenta Adriano Bernardel, presidente del parlamentino: «Nessuno è contrario al fatto che i ragazzini giochino, anzi meglio su un campo che a bighellonare in piazza o al bar, ma è un dato di fatto che il campo di via Portorosega è privo di rete. Dunque di protezione per chi passa di lì». Bernardel rileva poi come non vi siano servizi igienici, nonostante la permanenza dei ragazzi spesso sia piuttosto prolungata, anche fino a sette ore. E che il diserbamento di una zona del campo impedisce ora il gioco del calcio, prima praticabile. «È giusto che si trovi un terreno da attrezzare a campo da cricket - sottolinea Bernardel -, ma credo che della vicenda si debba far carico Fincantieri». Il rione Enel chiede infine che «l’ente locale risemini l’erba dove è stata “bruciata”, in modo che si possa tornare a giocare a calcio». Il cricket, da lì, deve sloggiare. Dove? Non si sa.
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