Motoscafo-killer: il tycoon chiede i danni ai figli delle vittime

PADOVA. «L’unico pensiero che ho in testa è quello di andare a pregare sulla tomba dei due morti nel cimitero di Borgoricco dove sono sepolti». Parole blasfeme per i legali di parte civile che tutelano i figli di Francesco Salpietro e Imelda Nelly Patella, la coppia di diportisti padovani travolta e uccisa al largo della costa di Primosten (Capocesto) in Dalmazia il 16 agosto 2011 mentre, alla velocità di 4,2 nodi, navigavano a bordo della loro barca a vela “Santa Pazienza”.
Parole pronunciate ieri davanti al tribunale di Sebenico da Tomislav Horvatincic, il tycoon croato alla guida del motoscafo-killer (un Itama lungo 17 metri), che ha pianto lacrime di coccodrillo. Oltre due ore di deposizione per l’imputato-imprenditore, con solidi legami nei palazzi del potere della Repubblica croata, che ha chiesto ai figli delle vittime 242 mila euro per i danni riportati dalla sua imbarcazione. Un deposizione fatta in un processo clamorosamente gestito a suo favore dal magistrato che presiede il collegio giudicante, Maja Šupe Makon, affiancata da due giurati popolari. Inutile la ricusazione del presidente del collegio avanzata nell’udienza di lunedì dalla pubblica accusa che, in aula, ha denunciato il comportamento parziale del magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, a tutto vantaggio di Horvatincic: «La Corte si comporta in modo ostruzionistico verso i materiali probatori dell’accusa, mentre accetta quelli della difesa».
Un’istanza condivisa dagli avvocati di parte civile, Luigi Pasini e Nello Artale che tutelano i figli delle vittime. Il tribunale aveva appena bocciato la richiesta di una superperizia avanzata dal pubblico ministero. Lunedì il perito dei tribunale (Ante Zaninovi„ dell'Istituto nautico) aveva concluso per una negligenzia sia a carico di Horvatincic che di Francesco Salpietro: tuttavia aveva sottolineato che, se l’italiano non avesse virato a destra con ritardo, la collisione sarebbe stata evitata. Ieri ripresa dell’udienza: bocciata la ricusazione del giudice per decisione del presidente del tribunale. Così il processo è andato avanti con l’interrogatorio di Horvatincic in attesa della requisitoria del pm e dell’arringa della collegio difensivo previste per il 16 novembre. Per quel giorno è attesa la sentenza. Horvatincic ha parlato per due ore. L’incidente? Non ricorda nulla: «Ero svenuto» ha dichiarato, riaffermando la versione fornita durante l’indagine.
E ha insistito sul fatto che, per cinque volte, avrebbe offerto danaro ai figli delle vittime con l’obiettivo di risarcire il danno, rammentando la visita effettuata nello studio legale Pasini di Padova nel novembre 2014. A quel punto i legali di parte civile hanno ricordato come davvero era andata: l’incontro si era chiuso con la richiesta rivolta a Horvatincic di fare concretamente una proposta economica. Proposta che non c’è mai stata. Al contrario, sarebbe lui a pretendere soldi dai ragazzi Salpietro: «Non è vero» ha risposto l’imputato. Poi, di fronte alla copia dell’atto di citazione trasmesso ai figli delle vittime con la richiesta di 242 mila euro per i danni subiti dal suo motoscafo, l’imprenditore ha abbozzato una giustificazione: «Firmo tante carte... Non mi ero accorto».
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