«Offshore di Venezia, un’assurdità. Monassi non aiuta Trieste»

Il senatore Pd Russo alla luce dello scandalo delle tangenti venete: «Cento milioni dovevano arrivare dallo Stato “via Mose”, meglio spenderli per altro. Opera congelata, sfido tutti a provare il contrario»
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 13/05/13 - Nh, Assemblea Pubblica PD, Russo
Lasorte Trieste 13/05/13 - Nh, Assemblea Pubblica PD, Russo

Io, Russo. E tu? Russi? Francesco Russo - l’ex segretario locale del Pd che da Palazzo Madama tenta di parare i colpi portati a scapito del porto di Trieste dal fronte veneto che sponsorizza il maxiprogetto della piattaforma offshore di Venezia - è come se si declinasse il cognome. La seconda persona singolare, una volta ancora, si chiama Marina Monassi. «Dopo che l’altra settimana avevo annunciato che il Governo aveva congelato l’offshore di Venezia al Cipe - ironizza il senatore, che torna a battere il ferro ora che lo choc dell’inchiesta sul Mose l’ha reso caldissimo - ho collezionato attacchi dal Veneto. Invece a casa nostra, in questo periodo, solo il sindaco Cosolini e la governatrice Serracchiani hanno battuto un colpo sostenendo che quel progetto è un’assurdità. Ma dove sono i due campioni della destra triestina che si sono sfidati alle europee (Dipiazza e Savino, ndr), ma dove sono i “5 stelle”, e soprattutto dov’è l’Autorità portuale? Monassi non ha mai alzato la voce con l’ingombrante vicino Paolo Costa (il presidente dell’Authority di Venezia, “motore” del progetto offshore, ndr) che la voce invece la sa alzare. Lei sta zitta. Anzi, pare timida interprete di una strana alleanza con Costa mentre il presidente del Porto di Ravenna Galliano Di Marco mi dà ragione ed è addirittura uscito dal Napa (la rete degli scali dell’Alto Adriatico, ndr)».

Senatore Russo, l’altra settimana era un secolo fa. L’inchiesta sul Mose può incidere sull’altra grande operazione infrastrutturale a mare che vuole Venezia, benché ancora in embrione, cioè l’offshore?

Intanto da questa vicenda giudiziaria ci viene una grande lezione sulla gestione dei progetti mastodontici. Mi limito a considerare che il 60% del lavoro del Mose è dato dalla realizzazione dei cantieri per costruire i cassoni. Ed ora che il Mose finisce è un peccato smantellare i cantieri. Dato che ci sono perché non impiegarli per altro?

Vuol dire che è già scritto che dopo il Mose Venezia dovrebbe assicurarsi altri soldi dallo Stato per l’offshore?

Forse a qualcuno farebbe piacere che le imprese fatte nascere per il Mose continuassero a fare lo stesso mestiere costruendo l’offshore.

Però il progetto per l’offshore si sarebbe dovuto prendere cento milioni dal Governo “via Mose”, come chip per lo start-up. Ora, alla luce degli accadimenti giudiziari sul Mose, potrebbero anche essere bloccati?

È possibile. Confermo che si tratta di cento milioni dalla Finanziaria 2013. A questo punto meglio spenderli per altro.

Un altro finanziamento doveva essere approvato a fine maggio dal Cipe. Lei se n’è uscito dichiarando che l’opera è stata congelata. Poi il sottosegretario ai Trasporti Del Basso De Caro ha raddrizzato il tiro dicendo che il progetto per ora non è stato esaminato dal Cipe. Tirano venti d’imbarazzo in casa Pd nazionale, se di mezzo c’è l’offshore...

Beh, sì. Ma le cose che ho detto le ho sentite bene. Tra gli altri anche dal ministro (Maurizio Lupi, ndr). Sfido tutti a riparlarne fra qualche settimana, a verificare se questo finanziamento (altri cento milioni, ndr) sarà arrivato o meno. A quel punto si saprà se avrò detto o no una bugia. Sono pronto a giocarmi una cena nel miglior ristorante di Trieste con Paolo Costa.

Ammesso poi che ci venga.

Battute a parte, mi impegno a invitare a breve qui i presidenti delle autorità portuali dell’Adriatico, per ragionare se è opportuno oggi, per questo Paese, imbarcarsi in un maxi-investimento come l’offshore, per cui servono ufficialmente due miliardi e duecento milioni, anche se da quanto ne so esiste una prima proposta al Ministero dell’Ambiente che parla di quattro miliardi e mezzo. O se è meglio usare molti meno soldi di due, tre, quattro, cinque miliardi, chissà, e ottimizzare i porti dell’Alto Adriatico per farne un’area realmente concorrenziale con il Nord Europa. A Ravenna le rinfuse, a Venezia le navi bianche. E a Trieste, col raddoppio del Molo VII e la Piattaforma logistica più Capodistria, le grandi portacontainer. L’hub naturale è Trieste.

Scenario plausibile?

Il migliore. Sono pronto alla controprova. Può saltare solo se al Ministero qualche veneto si sarà lamentato, se avrà insistito più di noi. Dimostrando così che i veneti sono più bravi di fare lobby.

@PierRaub

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