Persi nell’Isontino 3mila posti di lavoro

«La provincia di Gorizia, insieme a quella di Pordenone, è quella che soffre di più della crisi che in regione ha portato alla perdita di oltre 20 mila posti di lavoro, con 47 mila disoccupati e 16...

«La provincia di Gorizia, insieme a quella di Pordenone, è quella che soffre di più della crisi che in regione ha portato alla perdita di oltre 20 mila posti di lavoro, con 47 mila disoccupati e 16 mila inoccupati. Il tasso di disoccupazione rispetto ai valori pre-crisi è più che raddoppiato. Nel solo 2013, in provincia di Gorizia, sono stati persi ben 3 mila posti di lavoro, sul totale regionale di 6.700 posti di lavoro andati in fumo».

I numeri di una crisi che si è abbattuta con violenza anche sul Fvg, minando le basi di un’economia i cui valori, solo pochi anni fa, spiccavano nel panorama nazionale, sono stati annunciati ieri dal segretario generale della Uil di Gorizia Giacinto Menis, nel corso della relazione con cui ha aperto i lavori del XIV Congresso provinciale che si è tenuto all’Europalace.

«Abbattimento dei confini, globalizzazione dei mercati e crisi economica globale hanno finito per accentuare lo “storico” carattere duale dell’economia provinciale: da un lato, c’era l’area goriziana, con un’economia di confine basata sul commercio, su una forte presenza di strutture dello Stato e su consistenti misure di finanziamento pubblico a compensazione della situazione di marginalità geografica ed economica del territorio; dall’altro, l’area monfalconese, con la sua forte vocazione industriale, imperniata sul ruolo preminente dei cantieri (una realtà produttiva che, da sola, “vale” più della metà della ricchezza prodotta dalla provincia) - ha aggiunto Menis -. La crisi globale ha ulteriormente contribuito a radicalizzare le tendenze già in atto nella nostra provincia: abbiamo così assistito ad un processo di sostanziale deindustrializzazione dell’area goriziana (praticamente smobilitato l’intero settore del tessile, dichiarato lo stato di crisi del ramo locale del distretto del legno, pressoché scomparso il comparto meccanico)».

A sua volta, l’area monfalconese ha patito fortemente i tagli delle committenze nei settori maggiormente colpiti dalla crisi generale, dovendosi così aggrappare sempre più strenuamente alla tenuta dei propri cantieri.

Il segretario generale si è quindi soffermato sui molteplici fronti aperti in provincia: i pesantissimi esuberi alla Eaton, la ristrutturazione all’Ansaldo, il rischio di scomparsa della De Rigo con i suoi 130 dipendenti, la chiusura della Beraud (azienda storica dell’indotto Fincantieri) e di quella della Zincol, ultima azienda siderurgica della provincia. Un’attenzione particolare è stata riservata invece al caso Fincantieri «che ha saputo reagire alla crisi accentuando con importanti acquisizioni il proprio carattere internazionale e confermando la volontà di investire a Monfalcone, sede di una produzione di eccellenza, garantita dalla professionalità delle sue maestranze», prossimo alla quotazione in Borsa.

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