Pieno gratis in caserma, l’ex pompiere dovrà pagare

Paolo Dell’Aglio, ex caposquadra dei Vigili del fuoco di via d’Alviano, aveva un distributore personale: quello della caserma. La benzina per la sua auto la faceva direttamente lì. Gratis. È finito...
Lasorte Trieste 20 07 04 - Caserma Vigili del Fuoco
Lasorte Trieste 20 07 04 - Caserma Vigili del Fuoco

Paolo Dell’Aglio, ex caposquadra dei Vigili del fuoco di via d’Alviano, aveva un distributore personale: quello della caserma. La benzina per la sua auto la faceva direttamente lì. Gratis. È finito nei guai, l’ex pompiere: dopo la condanna in Tribunale e il licenziamento, ora è arrivata anche la sentenza della Corte dei Conti. Riscontrata l’ipotesi di «dolo erariale», Dell’Aglio deve restituire un totale di 736,06 euro con la rivalutazione monetaria riferita all’agosto del 2006 - visto che i fatti si riferiscono a quella data - oltre agli interessi legali e alle spese di giustizia.

Nel serbatoio della sua vettura Dell’Aglio aveva introdotto 593,02 litri di carburante. Pieni a sbafo. Faceva così: utilizzava per la propria automobile la chiavetta magnetica che gli era stata consegnata per attivare l’impianto dei mezzi di soccorso. Nella contabilità del comando non si spiegavano il perché di certi consumi di alcuni mezzi, anche quando erano fermi. «In alcuni casi - si legge nella sentenza della sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti - nelle date corrispondenti ai prelievi di benzina, l’autovettura di servizio apparentemente rifornita di carburante non risultava utilizzata». Le telecamere installate all’interno della caserma non hanno peraltro registrato la presenza di altri colleghi, o esterni, intenti a rifornirsi di benzina con la chiavetta assegnata a Dell’Aglio. Per la Corte si è trattato di «reiterate condotte appropriative sottratte al Comando». I fatti «risultano provati dai numerosi elementi indiziari che hanno indotto il Gup ad affermare la responsabilità penale per i reati di peculato, falso ideologico e falso materiale per una pena detentiva di un anno e otto mesi di reclusione», confermata dalla Corte di Appello di Trieste con sentenza irrevocabile del giugno 2011. L’uomo ora è anche chiamato a pagare la cifra. (g.s.)

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