«Prendevo ferie per il poker. Un’ossessione»

Il consigliere comunale Bianchini (Sel): «Ho smesso da 27 anni, ma avevo perso gli affetti»
Bumbaca Gorizia 11.08.2014 Comune incontro Sanità con Serracchiani e Telesca Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 11.08.2014 Comune incontro Sanità con Serracchiani e Telesca Fotografia di Pierluigi Bumbaca

L'ultima volta, quasi 27 anni fa. Era la notte di Capodanno, e chiuse definitivamente fuori dalla sua porta il "demone" del gioco. Livio Bianchini, consigliere comunale di Sel, non ha mai fatto mistero del suo lontano passato da accanito giocatore. Ha pagato a caro prezzo la dipendenza dall'azzardo, ne parla proprio per aprire gli occhi a chi ancora sottovaluta questo fenomeno. «Lo Stato è stato il primo a promuovere una miriade di giochi e di tentazioni, che rendono inutili campagne di sensibilizzazione contro l'azzardo», dice. «Ricordo ancora il giorno in cui ho vinto il mio demone - racconta Bianchini -. Era la notte di capodanno del 1989, avevo appuntamento con la mia fidanzata di allora e tutti gli amici alle 21, ma alle 23.30 ero ancora in bar a giocare a carte. In quel momento compresi. "Cosa sto facendo ancora qui?", mi chiesi, e capii quel che ero diventato. Giurai a me stesso che non avrei più toccato un mazzo di carte, e così effettivamente è stato. Con il gioco ho chiuso». La vita di Bianchini cambiò una prima volta alla fine degli anni Sessanta, al suo ingresso come infermiere all'Opp. Non fumava - le sigarette sono rimaste il suo unico "vizio"- né sapeva giocare a carte. Un collega però un giorno lo convinse a provare una partita a ramino, e per Bianchini fu una folgorazione. «Le carte diventarono la mia ossessione - ammette Livio -, e non facevo altro che pensare al gioco, di giorno e di notte. Appena finivo il mio turno a lavoro iniziavo a girare i bar fino all'una di notte, ero disposto ad andare fino a Portorose. Ero arrivato a chiedere giornate di ferie per poter giocare». Una malattia che non costò a Bianchini grandi perdite economiche («a detta di tutti ero bravo con le carte»), ma qualcosa di più importante. «Persi i valori e l'affetto della famiglia anche dopo il matrimonio perseverai nel gioco, non ero mai a casa e mi separai da mia moglie. (m.b.)

Riproduzione riservata © Il Piccolo