Prescrizione per Querci a 20 anni dal crac

Giù il sipario sul maxiprocesso al professore e a suo figlio per bancarotta fraudolenta nato dal fallimento dell’ex Tombolini
Di Piero Rauber

Assolti per sfinimento. A 20 anni e quattro giorni dal fallimento dell’Immobiliare Generale ex Tombolini Group - dichiarato il 2 maggio 1996 in scia al crac Kreditna e in seguito alla quale venne accertato uno sbilancio di 10 miliardi di lire ascrivibile ad alcune società riconducibili di fatto al “Gruppo Querci” - si è steso ieri mattina un velo sul “maxiprocesso” per bancarotta fraudolenta aggravata a carico di Francesco Alessandro Querci, 79 anni, e di suo figlio Gabriele Alessandro, 50. Il collegio del Tribunale di Foro Ulpiano presieduto da Daniele Venier, e composto a latere da Monica Pacilio e dal giudice onorario Valentina Guercini, ha dichiarato prescritti i reati contestati nella chilometrica lista dei capi d’imputazione della madre delle parabole giudiziarie che hanno coinvolto in questi anni l’oramai anziano professore universitario di diritto della navigazione - ex presidente del Consiglio superiore della Marina mercantile e storico leader dell’Associazione Porto franco internazionale - con le accuse di bancarotta come denominatore comune.

Querci senior e junior, in effetti, dopo aver reso per l’ennesima volta dichiarazioni spontanee in cui si proclamavano estranei ai fatti contestati, hanno ascoltato la lettura del dispositivo di sentenza che li ha dichiarati “liberi” (le motivazioni con il calcolo esatto dei tempi di prescrizione, comprese le sospensioni del procedimento, sono attese in due settimane) da uomini comunque “non liberi”. Non è un gioco di parole poco rispettoso, ma la cruda realtà. Querci padre sta scontando cinque anni ai domiciliari nella sua storica villa di viale Miramare (dove vive in affitto) per due sentenze definitive divenute esecutive nel 2013, una prima per bancarotta fraudolenta legata al crac Kreditna e una seconda per calunnia nei confronti di due magistrati e del curatore fallimentare Giorgio Lenardon. Problemi di salute l’hanno fatto uscire dal Coroneo, dove invece è costretto attualmente suo figlio, che proprio un mese e mezzo fa è stato arrestato per scontare a sua volta cinque anni per sentenze esecutive corrispondenti a un cumulo di pene, a cominciare da quella per bancarotta fraudolenta riconducibile al crac Baker.

Ma con la prescrizione di ieri finisce come detto la madre delle loro parabole giudiziarie, fatta di dieci anni di indagini e altrettanti di processo, contraddistinta da un robusto turn-over di magistrati e avvocati, che è stato “agevolato” proprio dalla vitalità del professore, che ci ha messo del suo. Basti pensare che il collegio penale che ha finito il lavoro ieri è composto da due giudici civili e uno onorario. Querci senior, di giudici, in questi anni ne ha denunciati e ricusati diversi, ritenendoli firmatari di provvedimenti ingiusti nei suoi confronti. Altri non hanno potuto entrare nel collegio perché già l’avevano giudicato in contesti differenti. Anche i pubblici ministeri sono cambiati nel tempo: l’articolatissima richiesta di rinvio a giudizio del 2006 porta la firma di Raffaele Tito, ora ai vertici della Procura di Udine, il suo testimone l’hanno raccolto prima Massimo De Bortoli e infine Antonio Miggiani. Il “remitur” ha interessato pure i legali. Gli avvocati d’ufficio Andrea Cavazzini e Daniela Triolo, il primo per Querci padre e la seconda per il figlio, sono entrati in scena nel febbraio 2015, quando arrivò il momento dell’ultimo collegio giudicante al posto di quello precedente, presieduto da Pietro Leanza e composto da Roberta Bardelle e Giulia Spadaro, che pochi mesi prima aveva a sua volta assolto per intervenuta prescrizione (le loro posizioni erano meno gravi) il nipote del professor Querci e consigliere d’amministrazione dell’Immobiliare Generale Luca Marini, il commercialista di fiducia del “Gruppo Querci” Giulio Marchesini e l’ex dirigente Kreditna Milan Taucer. Da allora, in 14 mesi, si sono contate 14 udienze, figlie del rinnovo del dibattimento e di una sfilata-bis di testimoni, a cominciare dal liquidatore giudiziale Stefano Germani. Fino all’epilogo di ieri dove, per non smentirsi, il professore ha cambiato ancora, nonostante l’odor di prescrizione, richiamando Giuseppe La Licata come proprio difensore di fiducia al posto dell’avvocato Andrea Cavazzini.

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