Quella sentenza del Tar arrivata prima dell’architetto

Già nel 2011, cioè l’anno precedente l’insediamento dell’architetto Maria Giulia Picchione a Palazzo Economo, il Tribunale amministrativo regionale aveva “prodotto” una sentenza che liberava di fatto...
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali

Già nel 2011, cioè l’anno precedente l’insediamento dell’architetto Maria Giulia Picchione a Palazzo Economo, il Tribunale amministrativo regionale aveva “prodotto” una sentenza che liberava di fatto dai vincoli di legge applicabili a un «bene culturale» riconosciuto, e di conseguenza dalla necessità di un “nulla osta” della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, tutta una serie di zone diventata invece in tempi più recenti (quanto meno fino al patto tra Regione e Ministero d’inizio giugno teso in sostanza a by-passare la Soprintendenza per arredi e manifestazioni temporanei) una sorta di “terreno di scontro”, di interpretazione sui poteri della Soprintendenza stessa.

È la sentenza emessa dal Tar a dicembre del 2011, che aveva appunto sconfessato la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici (allora non retta da Picchione ma dal predecessore Luca Rinaldi) annullando l’imposizione del vincolo di interesse storico sul Lungomare Trieste di Lignano. Il Comune di Lignano Sabbiadoro, difeso dall’avvocato di Trieste Renato Fusco, si era infatti visto accogliere il ricorso presentato per scongiurare il blocco di imponenti lavori di riqualificazione e ammodernamento del Lungomare stesso. La Soprintendenza, a quel tempo, aveva provveduto a vincolare il Lungomare in quanto «pubblica via di interesse storico» ai sensi dell’articolo 10 del Codice Urbani del 2004: «Ogni intervento di modificazione dovrà ottenere preventivo nulla osta da parte di tale Ufficio», si leggeva nel documento impugnato dal Comune di Lignano, che aveva osservato come il Lungomare fosse «un bene del demanio stradale statale» su cui era stato accertato «un solo vincolo di natura paesaggistica» e non monumentale. «Viale Trieste - parola di Tar - non ha il predicato di bene culturale nel senso ipotizzato dalla Soprintendenza e nessun nulla osta a tale titolo deve essere chiesto»: un bene è di «interesse artistico o storico non per qualità intrinseche, bensì solo quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale prevista dall’articolo 13» del Codice Urbani. Un luogo pubblico - come ce ne sono tanti in centro anche a Trieste - non può diventare dunque intoccabile a posteriori senza che prima non ne sia stata dichiarata la tutela.

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