Quell’impasse infinita che mortifica il merito
Siamo alle solite. Ad intervalli quasi regolari il reparto dell'istruzione musicale è costretto ad appellarsi all'opinione pubblica per scuotere l'inerzia in cui è lasciato dai reggitori della cosa pubblica. La riforma avviata vent'anni fa, allo scadere del secolo, aprì speranzosi varchi, un vento nuovo parve promettere molto. Il rilancio del settore pareva cosa fatta, e invece tutto si è arenato, anche l'ottimismo è ripiegato su se stesso. A distanza di tanti lustri, un'enormità in epoca di cambiamenti ultrarapidi, si deve constatare che è ancora l'indifferenza a farla da padrona.
Guardando alla situazione in casa nostra, bisogna riconoscere che in questo lasso di tempo il Conservatorio Tartini si è mosso bene, con lungimiranza ed in coerenza con il mestiere del musicista, una professione che va continuamente reinventata. Lo dimostrano l’incremento delle materie d'insegnamento, lo provano il costante aumento del numero degli iscritti e fra loro, il primato degli studenti stranieri. Eppoi, nelle due sale dell'istituto, l'elegante aula magna e il fuunzionale auditorium sotterraneo, i cicli concertistici aperti alla cittadinanza, autentico fiore all'occhiello che arricchisce l'offerta sul territorio.
L'impasse causata dalla mancanza dei decreti attuativi, i soli in grado di realizzare compiutamente la riforma abbozzata, coglie il Conservatorio triestino proprio nel momento più delicato della sua crescita che è tale da indurre i reggitori a lamentare carenza di spazi. Senza parlare della biblioteca, la più importante del Fvg per la musica, un autentico tesoro cui dedicò molte delle sue cure Vito Levi, costretta in spazi angusti e preclusa alla pubblica fruizione.
Pare superfluo rivangare le benemerenze dell'istituzione triestina; sono risuonate in più occasioni ed a più voci. Certo il Tartini è l'ultimo nato tra i Conservatori storici italiani, ma solo perché all'epoca del suo battesimo (1903) questa era una provincia appartenente all'Impero centrale. Solisti a parte, fra le eccellenze che vi hanno profuso i propri tesori didattici non a caso svettano due complessi da camera: un Quartetto e un Trio che inalberarono Trieste nell'insegna. Bastano i cognomi ad attestarne crocevia e civiltà: Jankovich, Viezzoli, Dudovich, Baraldi. De Rosa, Zanettovich, Lana....
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