Riforma delle regioni il governo croato non toccherà l’Istria

POLA. L’Istria conserva il suo status di regione entro gli attuali confini nella futura (e ipotetica) suddivisione amministrativo–territoriale della Croazia proposta dal governo del premier Tihomir Oreškovi„ su spinta del ministro dell’Amministrazione Dubravka Jurlina Alibegovi„. La ridisegnazione della mappatura regionale viene giustificata dalla necessità di ridurre i costi della politica, e poi la riforma in tal senso era un punto della campagna elettorale del ponte delle liste civiche Most diventato partner della coalizione patriottica di centrodestra al potere.
Nelle precedenti proposte invece l’Istria veniva accorpata alla regione Alto adriatica con capoluogo Fiume il che aveva fatto andare su tutte le furie la Dieta democratica, lo schieramento che governa in queste terre, per la quale la penisola non si tocca in virtù delle sue peculiarità storico–culturali e (pluri)linguistiche. In realtà il modello proposto dal governo Oreškovi„ ricalca in buona parte quello definito due anni fa dall’Istituto economico di Zagabria, su commissione dell’ex premier Zoran Milanovi„. Dalle attuali 21 regioni considerate troppe per un paese di 4,5 milioni di abitanti si passerebbe a 5–7 al massimo. L’unica novità per l’Istria sarebbe il cambio del capoluogo: non più Pisino (come imposto dal defunto presidente Franjo Tudjman) ma Pola, che rientra nella logica delle cose. Per quel che riguarda la Dalmazia da 4 si passerebbe a due regioni, una con capoluogo Spalato e l’altra con capoluogo Zara. Come tempi di attuazione fonti governative parlano della primavera 2017, in concomitanza con le prossime elezioni amministrative locali.
C’è però scetticismo che un’operazione così complessa venga realizzata nell’arco di un anno o poco più. Il noto analista politico Davor Gjenero afferma che su questioni attinenti l’autogoverno locale deve venir rispettata la volontà dei cittadini. «Nel rispetto della Carta europea sull’autonomia locale - spiega - per lo scioglimento delle autonomie locali e regionali è necessario il consenso dei cittadini tramite referendum. La fase successiva - prosegue - sarà il varo di alcuni progetti sperimentali per verificare il funzionamento del nuovo assetto». (p.r.)
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