Scomparso a 74 anni il cardiochirurgo Bruno Branchini

Aveva iniziato a Bergamo con Lucio Parenzan, arrivò a Trieste nel 1979. Il ricordo dell’allievo Aniello Pappalardo

È morto, a soli 74 anni, il prof. Bruno Branchini, a lungo direttore della Cardiochirurgia di Trieste, una specializzazione che aveva approfondito dapprima a Parigi e quindi a Bergamo assieme a Lucio Parenzan, luminare nel campo specialmente della Cardiochirurgia pediatrica. Nel 1974 arrivò a Trieste dove si era reso vacante il posto e divenne primario di Cardiochirurgia prima di aver compiuto i 40 anni.

Lo ricorda con parole affettuose e di stima Aniello Pappalardo, l’attuale direttore della Cardiochirurgia di Cattinara: «L’avevo conosciuto poco dopo il suo arrivo a Trieste, nel 1979 . Ho un ricordo definito di quel colloquio e tutte le volte che incontro un giovane collega ci ripenso. Mi aveva dato appuntamento direttamente in sala operatoria. Lo trovai che stava iniziando un intervento, da solo. Si trattava di un bimbo di pochi giorni e pochi chili che necessitava di un intervento palliativo per fargli raggiungere la taglia sufficiente per una riparazione cardiaca definitiva. Dopo un cenno di saluto e senza tanti complimenti - rammenta Pappalardo - mi invitò ad assisterlo nell’intervento. Avrei continuato poi a farlo per i 20 anni successivi. A intervento felicemente riuscito, fu con me esplicito e paterno: “La Cardiochirurgia - mi disse - è un mestiere difficile, sarai sempre in guerra con tutto e con tutti ma ne trarrai grandi emozioni, dolori e soddisfazioni”. Aveva ragione. In quei 20 anni l’ho visto affrontare tutte le vicissitudini legate alla gestione di un reparto difficile, e l’ho visto lottare con i problemi clinici e quelli amministrativi. Non sono stati anni semplici, il mondo sanitario pretendeva di cambiare senza preparare i professionisti al cambiamento. Chi, come lui, era in trincea ha sofferto. Ma nonostante le difficoltà, la lotta dura (poi vinta) per poter lavorare in un posto decoroso, i problemi clinici, gli orari massacranti e le grandi responsabilità, Bruno Branchini manteneva sempre uno stile e una determinazione che lo contraddistinguevano tra i colleghi. Era un chirurgo con classe e stile che non si arrendeva davanti alle peggiori difficoltà tecniche».

Branchini, nato a Pavia, aveva cominciato la professione all’ospedale Brousse di Parigi, allora meta di tanti viaggi della speranza, allievo di Alain Carpentier e Charles Dubost, dedicandosi alla chirurgia ricostruttiva valvolare dell’adulto. Era in pensione da 15 anni, «ma ancora oggi - prosegue Pappalardo - capita spesso di rammentare quello che ci ha insegnato. Siamo rimasti in pochi ad aver lavorato con lui ma l’impronta lasciata nella nostra educazione sentimentale di chirurghi rimane. Tecnicamente ha cercato di elargirci quello stile caratteristico che aveva imparato in Francia e a Bergamo ma nella pratica di tutti i giorni ci ha trasferito sicuramente un messaggio chiaro: per dura che sia, non mollare mai». Nel 2003 Branchini aveva tragicamente perso una figlia, morta in un incidente stradale a Barcola. I funerali si sono svolti a Milano.

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