«Senza sedi adeguate scenderemo in piazza»

Chiedono un aiuto, ma soprattutto risposte dall’amministrazione comunale. La comunità dell’associazione culturale islamica Baitus Salat vuole ribadire con forza il disagio di «dover peregrinare alla ricerca di spazi adeguati per la preghiera e le proprie attività» e ora «costretta a gestire una sede troppo esigua per contenere i propri iscritti». In via Don Fanin, insistono i rappresentanti di Baitus Salat, la comunità “scoppia” rischiando di dover trovarsi a pregare anche fuori dal locale. Non vogliono innalzare trincee, nè alimentare polemica, dicono. Ma dopo lo “sfratto” da via Primo Maggio, con la chiusura dell’ex Hardi Discount, e dopo le dichiarazioni del sindaco Silvia Altran, ci tengono a chiarire molti aspetti. Problemi tuttora aperti per i quali, dice il tesoriere Alì Poesal a nome del presidente Hassan Mohammed Zakir, preannunciano una manifestazione in piazza: «Vogliamo dare voce al nostro disagio scendendo in strada in modo pacifico - spiega Poesal -. Siamo una comunità numerosa e non ci può bastare l’attuale sede di via Don Fanin. Al Comune chiediamo di poter essere messi in grado di eseguire i lavori nel sito di via Primo Maggio al fine di ottenere le autorizzazioni necessarie per proseguire la nostra attività di preghiera, ma anche culturale e educativa. Intendiamo onorare il contratto di acquisto dell’ex supermercato, per il quale stiamo continuando a pagare le rate. I proprietari sono ancora d’accordo». Poesal, del resto, lo vuole ricordare: solo i bengalesi in città, tra residenti e domiciliati, sono circa 3mila. Oltre il 10% rispetto a una popolazione di oltre 27mila abitanti. I musulmani raggiungono le 5mila unità. «Sono proporzioni - osserva - che fanno ben capire la portata e l’incidenza della nostra comunità in città. I problemi di gestione dei flussi rimangono sul tappeto, non si possono ignorare. Ormai siamo al limite dell’emergenza».
La comunità del centro Baitus Salat, attraverso il presidente Hassan Mohammed Zakir, ci tiene su tutto a chiarire: «Le nostre sedi non sono moschee. Siamo un’associazione culturale islamica che promuove numerose attività, tra cui anche la preghiera. Insegnamo le lingue ai nostri bambini e ci dedichiamo alla loro formazione. Siamo impegnati anche in attività di solidarietà, non ultima quella in aiuto agli alluvionati della Bosnia, per la quale abbiamo aderito all’iniziativa promossa dall’associazione islamica di Terzo di Aquileia. Ogni venerdì raccogliamo fondi per sostenere chi ha bisogno. Inoltre - aggiunge il presidente - provvediamo a far trasferire le salme dei nostri connazionali in Bangladesh. Il nostro centro, per statuto, è aperto a tutti, non solo ai musulmani».
A proposito della sede di via Primo Maggio, Hassan Mohammed Zakir evidenzia: «Per 6 anni ci risulta che il supermercato abbia funzionato pur a fronte di problemi tecnico-urbanistici. Quando è subentrata la nostra associazione, davamo per scontato che la situazione fosse in regola. Prima di affrontare l’acquisto della sede, peraltro - continua il presidente -, avevamo chiesto al Comune se fosse possibile aprire il nostro centro, e l’ente locale ci rilasciò un atto confermandone la compatibilità. Invece sono poi saltate fuori le infrazioni. Perchè, allora, l’ente locale non è intervenuto prima? Ci chiediamo se le leggi italiane esistano forse solo per i musulmani». Poesal precisa: «La comunità rimane disponibile a intervenire per parte sua mettendo in atto tutti gli interventi utili a “sanare” i problemi. Riteniamo, però, che l’amministrazione debba venirci incontro per aiutarci a risolvere problemi che sono superabili».
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