Serbia nell’Ue, l’altolà della Croazia

Zagabria blocca ancora i negoziati a Bruxelles, in vista “alleanze” a Est. Belgrado: vogliono coprire ciò che accade da loro
La bandiera dell'Europa sventola accanto a quella della Serbia
La bandiera dell'Europa sventola accanto a quella della Serbia

ZAGABRIA. È di nuovo dura la contrapposizione tra Croazia e Serbia sulla questione dell'allargamento europeo con il negoziato di adesione di Belgrado. I rappresentanti di Zagabria hanno bocciato nuovamente l'apertura del capitolo 23 - quello dedicato allo stato di diritto, al sistema giudiziario e ai diritti umani - mandando su tutte le furie le autorità serbe, anche perché il fronte "anti-Belgrado" sembra essere sul punto di allargarsi con il coinvolgimento di Bulgaria e Romania anch'esse tentate dal blocco.

Serbia, il voto-bis “salva” la destra anti-Ue
Elettrici al voto in un seggio serbo domenica 24 aprile

La tensione tra le due repubbliche dell'ex Jugoslavia è esplosa quando la Croazia non ha dato il nulla osta al proseguimento dei negoziati con Belgrado, come suggerito sia dalla Commissione europea sia dall'Olanda, che in qualità di presidente di turno del Consiglio dell'Ue intende assicurarsi l'apertura dei capitoli 23 e 24 con la Serbia entro fine giugno. Immediata la reazione di Belgrado, che per bocca di due dei suoi ministri ha invitato l'esecutivo europeo a reagire. «La Croazia sta cercando di spostare l'attenzione da ciò che succede all'interno del paese», ha affermato il ministro del Lavoro Aleksandar Vulin, secondo cui il nuovo governo di Zagabria sta «curando i suoi complessi e le sue frustrazioni cercando di nuocere alla Serbia». «Ora tocca alla Commissione europea intervenire - ha aggiunto la responsabile dell'Integrazione europea a Belgrado, Jadranka Joksimovi„ - dato che la Serbia si è comportata e si comporta tuttora in modo costruttivo».

Mattarella a Belgrado: "Sosterremo l'adesione della Serbia all'Ue" FOTO
Il Presidente Mattarella con il Presidente Nikolic

Ad aumentare le preoccupazioni delle autorità di Belgrado, ci ha pensato poi un articolo del quotidiano serbo Vecernje Novosti, che assicura che Bulgaria e Romania sono sul punto di unirsi al "fronte del blocco" creato da Zagabria. Sofia e Bucarest, secondo il giornale belgradese, sostengono già l'iniziativa di Zagabria e stanno pensando di porre anch'esse delle condizioni legate al miglioramento dei diritti delle proprie minoranze presenti in Serbia, in particolare, «aumentando il livello di rappresentanza dei propri gruppi etnici in tutti gli organi dell'amministrazione pubblica serba». Se Bulgaria e Romania, conclude Vecernje Novosti, rimangono tuttavia «disponibili al compromesso», la Croazia è invece ferma sulle sue posizioni. E la tensione è tanto evidente da avere costretto la stessa Capo di Stato Kolinda Grabar-Kitarovic a intervenire: «La Croazia non sta bloccando la Serbia, ma chiede di rispettare gli standard internazionali sulle minoranze etniche», ha affermato la presidente.

Nel dettaglio, le ragioni del "no" di Zagabria sono state illustrate già un mese fa, quando il ministro degli Esteri croato Miro Kovac ha posto due principali condizioni alla Serbia per il proseguimento dei suoi negoziati con Bruxelles. La prima riguarda la tutela della minoranza croata, per la quale Zagabria chiede sia assicurata una rappresentanza parlamentare permanente. La seconda, riguarda invece la cosiddetta "giurisdizione universale sui crimini di guerra" approvata da Belgrado nel 2003. Stando a questa legge, i tribunali serbi si arrogano il diritto di giudicare tutti i responsabili di crimini di guerra commessi sul territorio dell'ex-Yugoslavia durante le guerre degli anni Novanta, a prescindere dalla nazionalità del ricercato e dal luogo in cui il crimine è stato commesso.

Per la Croazia si tratta di una violazione di sovranità che produce scomodi casi mediatici come quello di Veljko Maric, un veterano di guerra croato condannato a 12 anni di carcere nel 2012, dopo essere stato arrestato sul territorio serbo. Questi due requisiti, tuttavia, rilevano per la Commissione europea dei rapporti tra i due stati e non dovrebbero essere tirati in ballo all'interno dei negoziati di allargamento.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo