«Settore legno, crisi senza fine»

Coceani (Fillea-Cgil): «Si punti ai contratti di solidarietà». Chiuso un quarto delle aziende
Di Francesco Fain
Bumbaca Gorizia 08/10/2008 Mariano, la Marcatrè - Foto di Roberto Coco
Bumbaca Gorizia 08/10/2008 Mariano, la Marcatrè - Foto di Roberto Coco

MARIANO. «Nella nostra provincia, il disagio finanziario si sta facendo sentire in maniera drammatica. L’onda anomala, dopo aver colpito il vicino Distretto della sedia dove solo le aziende più lungimiranti hanno retto, miete numerose oltre che prestigiose vittime anche nel nostro ambito territoriale».

Enrico Coceani, segretario provinciale della Fillea-Cgil, non ha mai nascosto le difficoltà che sta incontrando il settore-legno. E non lo fa nemmeno oggi, facendo il punto della situazione in maniera lucida e disincantata. «Dopo le chiusure di aziende quali Calligaris a Cormòns, Codognotto, Sit On Components, Marcon, Marcatré e Italsvenska, rimangono in vita piccole unità produttive che ricorrono massicciamente agli ammortizzatori sociali. Con soddisfazione, possiamo affermare che la scelta, che per primi abbiamo operato nella nostra provincia, di ricorrere ai contratti di solidarietà si è rivelata fondamentale per ancorare i lavoratori ai loro posti di lavoro. Esempi di riferimento - annota Coceani - possono essere i casi della Mibb e della Medeot».

Non a caso, la Fillea nell’ultimo congresso ha espresso il suo “no” forte e chiaro ai licenziamenti e ha chiesto la proroga della Cigs in deroga per i prossimi anni; l’estensione dei contratti di solidarietà e riduzioni di orario; tempi certi e brevi per il pagamento degli ammortizzatori sociali; il sostegno alle famiglie e alle imprese da parte del sistema di credito provinciale; segnali forti da parte delle istituzioni locali e lavoratrici e lavoratori in difficoltà; l’allentamento del Patto di stabilità; il mantenimento, da parte dei Comuni, della vocazione industriale delle aree dismesse almeno sino alla ripresa della nostra economia.

Tornando al comparto-legno, in soli 8 anni è stato cancellato il 25,5% delle aziende isontine del settore-legno: sono passate da 230 a 172. E a pagare il prezzo più alto di una crisi senza precedenti sono state le imprese che fabbricano sedie. In quest’ultimo caso, la chiusura ha riguardato addirittura il 48,6% delle fabbriche. Per quanto concerne le forme giuridiche delle imprese attive nel settore, si può evidenziare che «le società di persone - si legge in un recente report - sono diminuite proporzionalmente in misura maggiore (-32,2%) in particolare nell’ambito dell’industria del legno (-50%). Nel comparto della produzione di mobili e sedie sono state, invece, le imprese individuali ad incontrare maggiori difficoltà negli ultimi 8 anni (-24,4%). Non bisogna, infine, sottovalutare la riduzione del numero di società capitali (pari a -11,1% dal 2000) in merito alle quali, trattandosi delle forme sociali più complesse, si può presupporre un più forte impatto in termini occupazionali».

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