Tre giorni per salvare il battistero riscoperto

DUINO AURISINA. A AAA diciassettemila euro cercansi. Tanto occorre per evitare che lo spicchio di fonte battesimale paleocristiano appena disseppellito in quel di San Giovanni in Tuba sia ricoperto dalla terra, così gettando al vento le spese fin qui sostenute da enti e istituzioni. La Soprintendenza ai Beni archeologici del Fvg, diretta da Luigi Fozzati, aveva avviato nei giorni scorsi una serie di sondaggi a breve distanza dall'abside sul retro della chiesa, che ha portando al rinvenimento di un battistero esterno, rimasto finora sepolto, e risalente al V secolo.
Lunedì lo scavo è stato chiuso e c'è tempo fino a lunedì prossimo per reperire le risorse utili a garantire un minimo restauro e la predisposizione di strutture fisse per rendere fruibile l'area al pubblico.
Il preventivo dell'intervento, che dovrebbe essere attuato dalla triestina Archeotest srl, si aggira sui 15-17mila euro ed è stato recapitato al Comune di Duino Aurisina, nella speranza che l'ente riesca entro la manciata di giorni a disposizione a ritagliare queste risorse dal bilancio oppure a trovare uno sponsor in grado di finanziare l'operazione. «Si tratta – spiega uno dei soci della Archeotest, Valentina Degrassi – di completare lo scavo e renderlo agibile creando una specie di scarpata regolare attorno al battistero, da delimitare poi con una staccionata identica a quelle già usata per le altre zone delle foci».
Come sottolinea Degrassi la Soprintendenza ha già investito quest'anno tutti i soldi a disposizione sotto forma di concessioni edilizie (denaro che lo Stato stanzia per i pronti interventi) per quest'operazione, che ha richiesto ben oltre 20mila euro, e per quella di Santa Barbara a Muggia, dunque non dispone di altri fondi. Vale la pena ricordare che i sondaggi e le trincee poste fin qui hanno beneficiato anche di un contributo da parte della cooperativa Gemina, gestore del sito di Antonio. Insomma tutti denari che, se il sito venisse nuovamente ricoperto, dovrebbero essere in futuro reinvestiti ex novo, una volta reperite le risorse per riprendere lo scavo, così configurando un vero e proprio spreco di soldi pubblici.
La speranza è dunque che qualcuno apra il portafoglio. «San Giovanni in Tuba – conclude Degrassi – è una delle aree più affascinanti dal punto di vista archeologico, ritenuta anticamente la “Madre del mare”, per lo sbocco del fiume Timavo. Qui si sono stratificati miti a partire dalle spiritualità pagane e in seguito si è costruita la prima delle chiese paleocristiane, così dando origine a uno dei più antichi luoghi di culto».
E chissà quanto ancora può emergere da quel fazzoletto di terra immersa nel verde, che il Comune vorrebbe un giorno vedere rigogliosa e connessa al circuito turistico col Parco del Timavo e della Cernizza.
Tiziana Carpinelli
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